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Pesticidi, in Europa il 96% dei campioni è sotto i limiti di legge, ma si ignora ancora l'effetto cocktail. Il rapporto annuale di Efsa.

L'Efsa ha reso noto l'annuale rapporto sui pesticidi, diffuso anche in una forma sintetica e visuale (in italiano), che rende molto facile la consultazione. I risultati, relativi a 600 diversi fitofarmaci, sono buoni: l'analisi di oltre 88 mila campioni raccolti nei 28 stati membri, in Norvegia e in Islanda indicano che poco meno del 96% di essi ha residui al di sotto del limite di legge: il 54% erano addirittura al di sotto del limite quantificabile (LOQ), cioè viene considerato privo di pesticidi. I campioni che hanno sforato i limiti sono il 4,1%: il dato è in leggero aumento rispetto alle rilevazioni precedenti, ma ciò sarebbe dovuto all'inclusione anche delle analisi sui prodotti associati a provvedimenti giudiziari nelle ultime indagini (datate 2017). Tra le notizie più positive c'è poi il fatto che tra i prodotti provenienti dai paesi UE (più Norvegia e Islanda) la percentuale di sforamenti è stata in media del 2,6%, mentre tra gli alimenti provenienti da quelli extra-europei del 7,6%: a quanto pare, i limiti e i controlli imposti in Europa funzionano.

Nel sito si possono poi consultare i risultati di tutti i paesi singolarmente. Per esempio, in Italia sono stati controllati oltre 11 mila campioni, e il 65% di essi è risultato privo di pesticidi, il 32,5% con quantità sotto i limiti e solo il 2,5% ha sforato le quantità massime consentite; verificando i dati degli altri paesi, si vede che nella maggior parte dei casi quest'ultimo valore è attorno o sopra al 4%. In alternativa si può navigare per alimento (ortaggi, frutta e semi, prodotti animali, altri vegetali, cibo per lattanti o cereali) e, all'interno di ciascuna area, verificare una delle decine di voci presenti (per esempio gli anacardi, il fegato di manzo o i peperoni), per capire se l'ortaggio o l'alimento preferito è più o meno a rischio. Nella sezione sono presenti anche le immancabili FAQ, formulate in modo da rispondere alle domande più comuni, per esempio sulle definizioni, sui rischi per la popolazione e così via. Il quadro è insomma abbastanza chiaro, e l'esito rassicurante, anche se non mancano spazi di miglioramento: ad esempio, per ora si misura ancora ogni sostanza come se non ne fossero presenti mai altre, invece ciò che preoccupa è il cosiddetto effetto cocktail, soprattutto in caso di esposizione cronica.

Lo stesso giorno, poi, anche l'agenzia per la sicurezza alimentare tedesca, il BFR, ha reso noto un suo documento sull'argomento, nel quale propone un sistema di controlli diverso rispetto a quello attuale, più approfondito. Oggi infatti vengono stilati rapporti annuali sul numero di campioni che eccedono i limiti, ma secondo il BFR dovrebbero entrare a far parte dei calcoli anche i casi definiti acuti, cioè le segnalazioni di dosaggi particolarmente alti, di solito meno di dieci all'anno (per esempio, nel 2017 sono stai sette, su migliaia di campioni analizzati). Una particolare attenzione andrebbe posta agli alimenti importati, nei quali in media si riscontrano più infrazioni, anche se per livelli di residui analoghi a quelli trovati nei campioni tedeschi. Ma, soprattutto, l'Agenzia raccomanda l'adozione di un indicatore che permetta di valutare l'apporto globale di residui ingeriti con tutto il cibo, partendo dai dati delle abitudini alimentari dei tedeschi, raccolti con regolarità in valutazioni relative a cicli di sei anni (il prossimo terminerà nel 2020).

Gli europei sembrano insomma sempre più attenti a ciò che assimilano attraverso il cibo, e i risultati confermano che tanto scrupolo si traduce in alimenti nella stragrande maggioranza dei casi (oltre il 95%) sicuri e con minime quantità di pesticidi e residui nocivi. (di Agnese Codignola)
https://ilfattoalimentare.it

giovedì 18 luglio 2019


 
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