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GLI SCENARI DEL D.E.S. - ATTO 2° - Proiezione del film "The Milk Sytem"

Ciao buongiorno a tutte e tutti, le attività per la realizzazione del Distretto di Economia Solidale continuano, anche se da parte dell'Amministrazione tutto tace... atteggiamento poco piacevole soprattutto in vista della data di restituzione dei locali prevista per il 31 maggio. Dalla nostra però ce la mettiamo tutta per dare visibilità al D.E.S. e per questo vi chiediamo di partecipare numerosi all'evento di: SABATO 11 MAGGIO ORE 17:30 presso la sede di AltrAgricoltura Nord Est, Corso Australia 61 (PD) ore 17:30 incontro con il produttore di formaggi Massimo Tomasoni di Gottolengo (BS) - ore 19:00 Aperitivo con buffet: humus di fave, lasagne fatte in casa di verdure, salsicce e costine con insalata mista, a cura di Elena Paccagnella. Contributo minimo 10,00 € vino biologico compreso. - ore 20:30 proiezione in anteprima del documentario "The Milk Sytem"

GLI SCENARI DEL D.E.S. - ATTO 2° Uno “stato di benessere” grazie al Distretto di Economia Solidale Il Distretto di Economia Solidale invita alla visione del documentario “The Milk System” per approfondire come il sistema latte e tutti i settori agroalimentari siano “viziati” solo per creare e produrre profitto e non per migliorare gli equilibri ambientali e la qualità della vita di persone e animali. Il regista Andreas Pichler ci ricorda che tutto è interconnesso e lo fa portandoci in giro per il mondo alla scoperta dei reali costi del latte, in termini economici, ambientali e di salute. Sinossi: tratto da http://www.tropismi.it/ "La storia che la televisione ci ha raccontato a partire dal secondo dopo guerra, ormai, non regge più. Per anni, infatti, il latte è stato pubblicizzato e quindi venduto come un prodotto altamente nutriente, naturale, sinonimo di benessere ed elisir di lunga vita. Oggi, però, anche grazie a lavori come The Milk System, sappiamo che non è così. Dietro ogni cartone di latte, ogni bicchierino di yogurt o confezione di formaggio, prodotti in allevamenti intensivi con metodi industriali, si nascondono sofferenza, sfruttamento e inquinamento oltre che, ovviamente, una bassissima qualità del prodotto finito. Le interviste di Pichler sono ben costruite e hanno tutte un punto da (di)mostrare: farci capire che quella del latte è un’industria come tante altre, che considera gli animali come strumenti da maneggiare a piacimento per un unico fine: fare profitto. Si scopre così che a guadagnarci sono solo gli alti dirigenti di aziende multinazionali europee che vendono prodotti a basso costo in Cina, nel Sud-est asiatico e in alcuni Paesi dell’Africa come il Senegal. Che sia questa la vera nuova forma di colonizzazione? Eppure, quelli che ci rimettono sono molti di più. Ci sono gli allevatori che protestano perché i prezzi del latte al litro sono troppo bassi e a malapena riescono a coprire le spese di produzione (il prezzo varia dai 26 ai 40 centesimi di euro per litro). Il commercio del latte è diventato particolarmente feroce, per alcuni un business da miliardi di euro, per altri, però, una spada di Damocle che ha portato al suicidio di moltissimi agricoltori soffocati dalle logiche di un mercato spietato. Ci sono le mucche, destinate a una vita di sofferenze indicibili, costrette a sopportare una gravidanza dopo l’altra solo per produrre di più: se in generale l’età media di una mucca è di circa 20 anni, quelle impiegate negli allevamenti intensivi a malapena arrivano ai primi 5 anni di vita. Delle ruminanti macchine da mungitura, insomma. Ci siamo noi, consumatori spesso ignari di ciò che si cela dietro quello che acquistiamo e di cui ci nutriamo. E infine ci sono le grandi sfide globali, la sicurezza alimentare di quasi dieci miliardi di persone nel 2050, l’inquinamento di terre e falde acquifere, la deforestazione e i cambiamenti climatici, di cui le emissioni di metano provenienti dagli allevamenti intensivi sono una tra le maggiori cause. E se un miliardo di cinesi cominciasse a consumare latte agli stessi livelli di un europeo o di uno statunitense? È abbastanza scontato che, con questi numeri, il nostro sistema socio-ecologico collasserebbe, poiché vivremmo in ambienti talmente inquinati che quelli in cui siamo oggi, a confronto, sembrerebbero un paradiso terrestre. Sapevate, infatti, che per produrre un litro di latte industrialmente si producono circa tre litri di liquami? Viene anche da chiedersi, inoltre, se il latte sia veramente un alimento così sano e prezioso. Se per una sostanziale riduzione di carne rossa dalle nostre diete anche l’OMS si è pronunciata positivamente, non si può dire che vi sia lo stesso livello di diffusa consapevolezza sugli effetti del consumo di latte e latticini sul nostro organismo. Eppure, come il regista ci mostra, gli studi ci sono e la certezza che il latte combatta malattie quali l’osteoporosi è messa sempre più in discussione: «è paradossale che i Paesi con il più alto consumo di latte abbiano il maggior numero di fratture ossee», sostiene Walter Willett, della Harvard T.H. Chan School of Public Health in un’intervista rilasciata al regista. Il dato di fatto, comunque, è che il consumo di prodotti caseari, specie quelli lavorati e trasformati industrialmente, continua a crescere. The Milk System, però, non si ferma a sciorinare numeri e dati su quella che potrebbe essere considerata una problematica senza soluzioni. Il regista, infatti, ci spinge a riflettere su quali possano essere le alternative agricole e alimentari possibili e soprattutto sostenibili a livello salutistico, ambientale e sociale. Una possibile alternativa nel documentario è rappresentata da Alexander Agethle, allevatore e contadino moderno che in Alto Adige porta avanti il suo modello di fattoria biologica dopo essersi laureato in agraria e aver rilevato l’attività di famiglia. La sua è una vita in simbiosi con la terra e con gli animali, faticosa ma anche redditizia, economicamente e soprattutto umanamente. Dopo un inquietante quadro del sistema produttivo lattiero-caseario globale, la conclusione del brillante documentario è un inno al chilometro zero, alla riscoperta del senso di comunità e al rispetto dei ritmi naturali: questi, secondo Alexander e Andreas, sono gli ingredienti essenziali per un cambio di rotta possibile e quanto mai necessario."

Il quadro che ne esce rivela la necessità di un cambiamento attualizzabile solo attraverso percorsi concreti come nel caso del contadino Alexander del documentario e del produttore Massimo Tomasoni, ospite della giornata “IL SECONDO ATTO DEGLI SCENARI DEL D.E.S.” organizzata per valorizzare e provare a praticare un’altra economia! Dopo il primo incontro del dicembre scorso con RiMaflow, il “secondo atto” mira a rilanciare un luogo che dia vita e possibilità a tutta una componente sociale che sente la necessità di rendersi attiva, ma trova difficoltà a misurarsi con il sistema economico imposto. Massimo Tomasoni, uno dei produttori del Gruppo d’Acquisto Solidale “Il Ciclo Corto”, racconta l’esperienza della sua azienda biologica, artigianale e a conduzione familiare. Una realtà che dal 1815 privilegia i principi che abbracciano il benessere dell’uomo e dell’ambiente che lo circonda, la cura del terreno, il benessere degli animali, la qualità dei prodotti, il rispetto per chi lavora ed il rapporto diretto con i consumatori. Il risultato sono prodotti genuini, gustosi, digeribili, rigidamente controllati, rispettosi dell’uomo e dell’ambiente oltre che fatti rigorosamente a mano. L’azienda trasforma solo latte biologico proveniente da stalle della pianura lombarda dove le vacche, dalla primavera all’autunno, vengono allevate al pascolo e senza somministrazione di insilato di mais. Ciò ha permesso, da anni, di escludere dalla lavorazione del grana padano l’aggiunta del conservante lisozima (una proteina naturale estratta dall’albume d’uovo che viene normalmente utilizzata dai caseifici convenzionali per scongiurare il rigonfiamento delle forme di grana provocato dalla fermentazione del mais) e di ottenere un latte pregiato ricco di Omega 3 (rapporto “Omega 3” “Omega 6”: 1 a 5). Tutti i formaggi (escluso il grana padano) sono prodotti con caglio vegetale e sono certificati da ICEA. Oggi a custodire le tradizioni familiari sono i figli Alberto, Massimo e Stefano, l’ultima generazione che si è posta l’obbiettivo principale di divulgare un nuovo modo di produrre e di consumare. Infatti, non si tratta solo di mettere sul mercato prodotti di qualità e di venderli a prezzi ed a profitti equi, ma di diffondere un nuovo stile di produzione e di consumi che partono dal ridare alla terra il senso della sacralità, il suo essere fonte di vita e di biodiversità. Solo così potremo preservare questo bene prezioso unica garanzia della salute alimentare e del benessere collettivo. Dal 2016 è stata attivata una collaborazione con diverse aziende del Paese per costruire una Filiera-Bio. I frutti per ora raccolti sono il pane, fatto con farine coltivate sui terreni locali e macinate sempre a Gottolengo e la conversione di un sempre maggior numero di terreni al biologico, oltre che ovviamente i formaggi Tomasoni.

Il Distretto di Economia Solidale è un luogo fisico e di prassi che vuole sviluppare nuove metodiche non solo di relazione, ma anche di produzione e che tiene conto delle varie crisi in atto: ambientale, umana (migrazioni, miseria, ignoranza), economica… Il D.E.S. mira a creare uno “stato di benessere” valorizzando piccole produzioni locali e di qualità e a sostegno di questo percorso esiste uno studio sull’agricoltura mondiale commissionato dall’ONU nel 2008: dove si evince che il fattore decisivo per combattere la fame nel mondo è la disponibilità di alimenti e la possibilità di produrli sul posto. Quindi la chiave per garantire l’accesso ai prodotti alimentari a livello globale sono le piccole realtà agricole. Non secondario e altrettanto importante è tenere in considerazione uno degli aspetti più trascurati nel sistema di produzione intensivo, cioè il costo ambientale e l’impatto sul sistema ecologico! Perciò in una piccola città come Padova, ma con un tasso di inquinamento e cementificazione molto elevato, dovrebbe essere la stessa Amministrazione promotrice di un Distretto di Economia Solidale e benché ci sia stato un percorso partecipato che ha portato a due delibere per realizzarlo (una di Giunta e una di Consiglio), NON CI SONO ANCORA RISULTATI CONCRETI! In buona sostanza ciò che vorremo modificare sono i circuiti che premiano sempre le grandi aziende, chi ha molti ettari, le lobby di potere… a discapito dei piccoli produttori già in difficoltà e che spesso sono costretti a chiudere. Tenendo conto, dati alla mano, che: 1. è proprio la produzione contadina a garantire la quota maggiore di produzione di cibo, anche in Europa. 2. Le tecniche agronomiche biologiche, biodinamiche, di prossimità… sono riconosciute ed apprezzate per il rispetto che portano all’ambiente, alla biodiversità, alla salvaguardia delle acque, alla qualità del cibo e alla salute umana. Il D.E.S. è lo strumento a livello locale per rendere possibile un inversione di marcia, perché tutte le cittadine ed i cittadini possano praticare un “attivismo ambientale”!
AltrAgricoltura Nord Est

lunedì 6 maggio 2019


 
News

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