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“Se trovare soluzioni all’interno del sistema è impossibile, forse è meglio cambiare il sistema”

Greta Thunberg, la quindicenne svedese che ha deciso di iniziare uno sciopero dello studio contro l’inazione internazionale sulla questione climatica, si riferisce al sistema economico moderno, incapace di giustizia sociale, equa distribuzione delle risorse, sostenibilità ambientale. Il re è nudo, grida Greta. L’editoriale del direttore di Altreconomia, Pietro Raitano.

Tra la primavera del 1975 e il dicembre del 1979 un’importante azienda municipalizzata del Nord Italia diede vita a un esperimento. Si tratta delle cosiddette “Conferenze di produzione”, una vicenda esemplare nella storia del movimento operaio italiano, uno straordinaria (nel senso di fuori dall’ordinario) esperienza di partecipazione dei lavoratori (operai, tecnici e impiegati) alla gestione dell’impresa. Come ricostruisce il libro “La democrazia nei posti di lavoro” (2005), le diverse articolazioni dell’azienda si riunivano in orario di lavoro per affrontare, senza limiti di ordine del giorno, i problemi posti dall’attività produttiva. “Tutti avevano pari facoltà di espressione, tutti concorrevano in egual misura alle deliberazioni via via assunte. In breve, ogni aspetto della vita dell’azienda fu sottoposto al vaglio collettivo delle maestranze, che vennero di fatto svolgendo una funzione dirigente”. Non un caso unico, tuttavia: “L’Italia di quel tempo era percorsa da fermenti democratici. Era diffusa in ogni ambito della vita sociale la consapevolezza di essere coinvolti in una grande impresa collettiva, di essere parti in causa nella storia del Paese”. E infine: “La partecipazione democratica che veniva sviluppandosi nell’Italia dei primi anni Settanta […] si prendeva parte sulla scorta di competenze ed esperienze concrete, si discuteva mettendo in comune riflessioni e bisogni maturati nella pratica”. Sono passati quarant’anni, oggi quella municipalizzata è una grande società per azioni e probabilmente tutti noi consideriamo quel tipo di esperienza ingenua, inefficiente, ideologica addirittura.

Eppure la democrazia non è un’ideologia. È una pratica. Dove, come la si impara? Dove, come la si esercita? Magari anche nei posti più impensati, come gli uffici, i laboratori, i supermercati e -se ne esistono ancora- le fabbriche. Oppure nelle scuola. Ne fanno esperienza gli studenti, quando eleggono i rappresentanti di classe o di istituto. Ne fanno esperienza le loro famiglie, quando devono scegliere (o essere) i rappresentanti dei genitori, delle commissioni per le mense, o per la biblioteca. (Questo marca anche la differenza tra i compiti della scuola pubblica, che deve anche educare alla cittadinanza, e della scuola privata, che risponde solo alle richieste di formazione, in un regime di scambio economico). Ci sono processi democratici anche dove (e quando) meno te lo aspetti, perché la democrazia è un virus che le istituzioni italiane hanno contratto molto tempo fa ed è difficile da estirpare -nonostante i lodevoli sforzi che vengono compiuti da anni, su più fronti, non c’è che dire-. Il nemico principale della democrazia è l’egoismo ignorante e arrogante, il prevalere della società rispetto alla comunità. Verso la prima -che è normata dalle leggi- si fanno richieste per soddisfare bisogni. Solo che i bisogni non finiscono mai e le risorse per soddisfarli sono sempre insufficienti. Nella comunità -regolata dall’interazione derivante dalla responsabilità sociale e non normata- si fanno domande e tutti, nessuno escluso, sono risorse, che la società semmai è incaricata di riconoscere e valorizzare.

Che cos’è democrazia deve averlo imparato a scuola o in famiglia Greta Thunberg, la quindicenne svedese che ha deciso di iniziare uno sciopero dello studio contro l’inazione internazionale sulla questione climatica. Intervenendo all’ultima conferenza internazionale sul tema, in Polonia a dicembre, Greta ha usato parole che val la pena di ricordare. Ad esempio ha detto “non sei mai troppo piccolo per fare la differenza”. E poi che è necessario “parlare chiaramente, anche se risulta scomodo”. E infine ha ribadito: “Se trovare soluzioni all’interno del sistema è impossibile, forse è meglio cambiare il sistema”. Il sistema cui si riferisce Greta è ovviamente il sistema economico moderno, incapace di giustizia sociale, equa distribuzione delle risorse, sostenibilità ambientale. Alla fine è sempre un ragazzino a urlare che il re è nudo.
https://altreconomia.it

martedì 1 gennaio 2019


 
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