Il flop di FICO, un inutile luna park americano sul cibo made in Italy.
I visitatori sono circa 500mila, dopo tutta la grancassa mediatica sul grande parco alimentare. I sindaci del territorio sono nettamente contrari all’operazione. Utile, forse, solo allo sbarco in Borsa di Eataly di Farinetti. Questo FICO di Bologna è un vero flop. Ci è stato presentato come il più grande parco agroalimentare d’Europa, ma in realtà altro non è che una mini Disneyland del cibo made in Italy, piuttosto provinciale, sponsorizzata dalla megalomania di Oscar Farinetti e del suo marchio Eataly.
FICO BOLOGNA: DATI
I numeri già parlano. Le presenze, dopo un tambureggiante tam tam sui giornali e in tv, sono davvero deludenti: appena 500mila visitatori, con zero stranieri. Che cosa non funziona? Tutto. Come ha confessato lo stesso Farinetti, che aveva bisogno di FICO per pompare la quotazione in Borsa di Eataly, «sono stati commessi una serie di errori, anche gravi».
Il parco si è ridotto, nei fatti, a un grande megastore del cibo in versione Farinetti, con la solita favola della qualità made in Italy che dissimula prezzi troppo alti, con 45 ristoranti e 48 punti vendita. Un gigantismo inutile, e lontanissimo dalla realtà, in una regione dove tra l’altro i veri e autentici mercati degli agricoltori a chilometro zero sono davvero tanti.
FICO non ha alcun legame con il territorio. Anzi. I sindaci sono contrari a questo insediamento da luna park del cibo che rischia solo di fare da battistrada a una nuova serie di supermercati e ipermercati, come se la qualità fosse sempre e solo una questione di vendite.
Il format è da cittadina americana, senza però lo straccio di un trasporto pubblico decente che rende il parco accessibile a prezzi ragionevoli. Una vera cattedrale nel deserto. Il livello scientifico è molto basso, e i laboratori tanto annunciati non hanno alcuna efficacia.
LAVORO FICO BOLOGNA
Per il momento, a pagare il conto di questa operazione megalomane, sulla quale poi bisognerebbe fare i conti dell’investimento pubblico, i soldi pagati dai cittadini, sono i lavoratori. Già 90 contratti a termine per dipendenti di FICO sono saltati. E una domanda circola a Bologna: ma Farinetti non era l’imprenditore moderno e aperto ai lavoratori, che definiva «bastardi» gli imprenditori che non stabilizzano i precari? Forse ha cambiato idea dopo l’esperienza di FICO. Noi avevamo dubbi dal primo momento, e oggi possiamo dire che, con questa formula e con questo passo, FICO, bocciato dalla stampa internazionale, non potrà reggere a lungo.
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martedì 13 febbraio 2018
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