ALLEVAMENTI COME POLVERIERE, VIAGGIO NELLA TRINCEA PADANA.
Qui tra capannoni e paludi nel 1878 è stata scoperta l'aviaria, ma con l'era
dei recinti lager il pericolo ha cambiato scala.
Il veterinario: dall'autunno la gente non mangia il pollo prima ancora che
arrivasse la malattia, è assurdo.
Sembrano generali attorno alla mappa dello sbarco in Normandia.
Dicono: bloccare qui, circoscrivere là, congelare la movimentazione a Sud,
costruire un cordone sanitario a Nordovest.
All'unità di progetto per la sanità animale del Veneto i tecnici
perfezionano la "Quick Response", la concertazione operativa veloce per un
possibile sbarco di virus aviari H5N1 dopo l'allarme in Turchia.
Sulla carta della pianura gli allevamenti si addensano a isole, e tra
un'isola e l'altra c'è una fascia di rispetto simile alle piste antincendio
delle foreste. Se s'infiamma un'isola, sai che brucerà tutta, ma anche che
il fuoco non passerà oltre.
La Padania erge le sue difese nel cuore dell'inverno; trasuda tanfo di
mangimi, ammoniaca, maiali.
Una macchina agroalimentare impressionante, ad alti standard europei di
qualità e biosicurezza, ma anche a livelli di addensamento cinesi. La gente
è preoccupata, c'è un'economia intera che può andare in tilt.
"Se tornano a crollare le vendite - ti dicono - pagherà la parte debole
della popolazione, che smetterà di comprare le uniche proteine a portata di
portafoglio". E le multinazionali potranno portarsi via i capannoni a prezzo
stracciato.
È in Padania che nel 1878 è stata scoperta l'influenza aviaria.
Da allora l'hanno chiamata, in tutto il mondo, Peste Lombarda.
Da sempre il pollame crepa nelle aie padane per via dei migratori in
transito.
Ma da quando negli anni Settanta è arrivata l'era degli allevamenti-lager,
il pericolo ha cambiato scala.
Vedi Isorella, in provincia di Brescia.
Ha una densità tale di galline che negli ultimi anni i virus hanno fatto
"bang" per due volte esattamente lì, e ora si fa di tutto per non riprodurre
quel modello.
Polveriere animali sotto bombardamento aereo.
Qualche anno fa, dopo la prima epidemia, Giovanni Vincenzi - capo dell'unità
di progetto per la sanità animale in Veneto - ha deciso di delocalizzare gli
allevamenti per mettere in sicurezza il territorio. Ci ha messo del tempo.
Aveva tutti contro: le clientele dei politici, la lobby della Coldiretti,
l'ignoranza del mondo contadino.
Alla fine, per lo stress, s'è dovuto rifare le coronarie.
Oggi tutti lo benedicono, l'Unione europea lo copia, la Regione Veneto lo
esibisce come l'uomo della provvidenza.
Ma c'è una cosa contro la quale né lui né i suoi uomini possono far nulla.
Il panico. Montato dalle dicerie, amplificato dalle tv, cavalcato dalle
multinazionali produttrici di vaccino.
Padova
Freddo, canali gelati, puzza acida di letame, comincia un viaggio nella
Padania in pre-allarme. Ilaria Capua, direttrice del laboratorio di
virologia di Padova, centro di referenza italiano a livello Ue, ha speso gli
ultimi mesi più ai talk show che in laboratorio.
Sa che l'onda di ansia può essere più grave di quella virale. Idem per
Giovanni Ortali, responsabile della filiera agricola del gruppo Veronesi:
"Per mesi ho fatto pubbliche relazioni piuttosto che i test sanitari. Ho
perso tempo a tranquillizzare invece che a controllare. Speriamo che non
ricominci. Questa epidemia è anche un termometro di paure diffuse".
I dati delle vendite, con i cenoni natalizi, sono tornati normali.
Ma a fine autunno, dopo i primi casi letali in Turchia e Romania, la caduta
è stata del 10 per cento nel Nord Italia, e del 45 per cento al Sud.
Una forbice impressionante.
Non vuol dire affatto che a Sud c'è più pericolo, ma solo che al Sud c'è più
insicurezza.
"In autunno la gente ha smesso di mangiar pollo prima che arrivasse la
malattia", fa eco Mario Facchetti, veterinario pubblico nel Veronese. "E
questo è completamente privo di senso. Con la paura che c'è in giro, tutto
rischia di essere più difficile. Anche reperire il personale necessario agli
abbattimenti cautelativi".
Treviso
Il veterinario Carlo Rossi fronteggia pestilenze da dieci anni - mucca
pazza, lingua blu, una decina di altre influenze aviarie - e ha imparato che
il troppo allarme fa lo stesso effetto dell'assenza di allarme. Inibisce le
reazioni di difesa.
"Quel che è peggio, il polverone non distingue fra ditte serie e truffatori.
Contribuisce, anzi, a occultare i secondi. Quando ci fu mucca pazza,
l'Inghilterra mise sul mercato polli impestati da un batterio micidiale, il
Campilobacter, ma nessuno ne parlò".
Oggi, stesso imbroglio: la peste del pollame oscura pericoli più seri, come
gli anabolizzanti e gli estrogeni. Per non parlare delle micotossine -
cancerogene - annidate nel mais stoccato per i mangimi. Quanto ai rischi per
l'uomo del virus aviario, basti un solo dato: in questi mesi, il morbo delle
zecche (di cui nessuno parla) ha ucciso cento volte di più.
Franco Testa fa il macellaio da 35 anni a Macon, Nordest di Venezia. Finora
aveva solo squartato, affettato, confezionato.
Ora che al suo luccicante bancone approda un popolo in ansia, gli tocca fare
il terapeuta. Il suo parere conta più di quello di un ministro. "La vardi
siora, xe tuto soto controlo".
Insegna a leggere le etichette del pollame, timbrato dall'uovo allo
scannamento.
Nei supermercati la merce resta ferma sui banconi-frigorifero; la gente
esita di fronte a un prodotto anonimo venuto da chissà dove.
Qui no, il macellaio della porta accanto non parla l'inglese delle
multinazionali né il romanesco ministeriale di Storace, ma veneto della
Bassa. È un allegro sgobbone del Nordest: nel '60 ha vinto l'oro alle
olimpiadi di Roma, inseguimento a squadre con la bici. Trasmette
informazioni, non balle. E la gente si fida.
Rovigo
Nel bar surriscaldato di Boccasette, verso le foci del Po, i cacciatori
battono briscola in mezzo ai tatzebao venatori, tranquillamente seduti su
una bomba.
È lì intorno che da sempre sbarcano le influenze dei volatili, è quello il
punto di contatto fra migratori e polli in batteria, ma loro se ne fottono,
il Delta resta uno spazio di anarchia anche in presenza dell'allarme. Tira
un vento gelido tra i canneti, la sacca di Scadovari e quella di Canarin
risuonano di colpi di doppietta e di richiami troppo forti per essere
naturali. Voci di germano, alzavola e fischione, registrati e sparati con
l'amplificatore. Il ministro ha proibito le anatre da richiamo? Chi se ne
frega, ci sono altri di metodi, vietatissimi. Tanto, nessuno controlla.
Hanno sempre fatto quello che hanno voluto. Se le bocche del Po non sono
ancora state dichiarate parco naturale, è per via della loro lobby
intoccabile.
Dietro la briscola e il refosco, giri d'affari milionari. Una botte in
laguna per industriali milanesi si affitta a centomila euro a stagione,
duecento milioni delle vecchie lire.
E poi cartucce, barche, armi, tasse, riti di vestizione prima dell'alba nei
casoni, auto di lusso, corte di belle donne. Non è una macchina che si mette
in moto per due anatre a testa, come dicono le statistiche bugiarde.
Quando un secolo fa scoppiò la febbre spagnola che falciò vite in tutta
Europa, furono vietati i cinema e le chiese perché gli affollamenti
avrebbero accelerato il contagio.
La regola dovrebbe valere anche per gli animali, ma qui nessuno ci pensa.
Contro ogni legge, le paludi sono riempite di mangimi per attirare i
migratori siberiani che, senza quel cibo, volerebbero via. Così, invece, si
abbuffano, creando una ressa permanente dove basta un animale a innescare il
contagio. La chiamano caccia, ma è tiro al piccione in allevamenti
all'aperto. Con effetti devestanti per il biosistema.
Vicenza
Esci dalle paludi ed è una linea Maginot. Finiscono le zone di caccia e
cominciano i lager degli uccelli reclusi. A migliaia, la più alta
concentrazione d'Europa, dalle valli veronesi all'Oglio. Mezzo miliardo di
pennuti in batteria. Dal punto di vista virale è la linea del fronte, il
passaggio dal selvatico all'industriale.
"Se il virus entra qui dentro fa bingo", ti spiegano. Per questo il
controllo è allo spasimo.
Ma i pollai ruspanti, le aie dei contadini, i cortili?
Quelli chi li controlla?
Dovevano metterli al coperto già a novembre, come è stato ordinato in
Svizzera e Austria.
Ma l'Italia non è l'Austria.
Qui comandano i micropoteri locali. Le devolution dell'irresponsabilità
diventa pubblica anarchia.
Ogni Comune fa ciò che vuole.
Nel cielo nitido di gennaio i migratori passano in formazione, sanno
perfettamente dove andare, sono i potenziali B 52 della malattia.
Qualcuno ci ride sopra. "Moriremo per una cagada", una bombetta virale
sganciata dal cielo, scherzano due contadini in un bar di Grisignano, e
mimano la traiettoria del missile fecale che li centra sul cranio in mezzo
alla strada.
Monti Berici
Montegaldella, capannoni pieni di polli. I cicli di produzione aviaria sono
velocissimi, e per questo più sensibili alla crisi. Il meccanismo è delicato
come il bilanciere di un Rolex. Chi alleva vitelloni può affrontare anche un
mese di crisi, qui no, cinque giorni possono essere fatali.
Bisogna decidere subito: non mettere all'ingrasso tot milioni di tacchini,
gasare tot milioni di pulcini neonati, distruggere tot uova fecondate, darne
tot altri milioni sottocosto all'industria dolciaria.
Polli tutti bianchi, tutti identici di 37 giorni, un tappeto soffice,
pigolante e impaurito che ti fa il vuoto attorno.
Metà allevamento ha le ore contate, la sera arriva il camion per il macello.
Il contadino affonda le mani nella lettiera di segatura e la fa filtrare tra
le mani per mostrare come è secca è calda.
"E' da qui che vedi se le bestie stanno bene". Gli allevamenti di tacchini
sono quasi tutti vuoti, in attesa di tempi migliori. Sono loro i più
sensibili ai virus aviari, una sentinella perfetta. Se c'è un morbo in giro
le beccano. Quando venne la prima ondata, nel dicembre '99, creparono a
migliaia. Andarono in asfissia, cambiarono colore annaspando. Scene da
apocalisse. Per questo le grandi industrie hanno tenuto ferme per mesi le
linee di produzione.
Verona
Pianura senza fine, filari di pioppi. Si viaggia seguendo la carta degli
allevamenti padani. È come il volo assistito dalla torre di controllo.
Rilevamenti aerei perfetti, con segnata in sovrimpressione la densità dei
volatili.
Blu la più alta, poi verde, giallo, bianco. I punti di massima
concentrazione formano arcipelaghi blu, su una linea che va tra l'autostrada
e il Po, passa per paesotti mai sentiti: Oppeano, Isola della Scala, Goito,
Isorella.
Un'Italia minore, che non si vede mai in Tv, l'universo concentrazionario
dei capannoni rurali e degli immigrati che ci lavorano.
Più a Nord, sulla Mestre-Milano, un'altra linea sensibile.
Divide la pianura aperta dalla fascia pedemontana, come dire due pianeti. A
Nord uno spazio anarchico - lo stesso dove esplose il voto leghista - in
cronica difficoltà a consorziarsi e a fare fronte comune alle emergenze.
A Sud, invece, tutto è più in rete, ci si allea e ci si coordina
spontaneamente. I tecnici dell'agro-alimentare lo sanno: "In pianura ci si
siede attorno a un tavolo e si discute; nelle valli si litiga. La reattività
tra i due versanti cambia dal giorno alla notte".
Geografie segrete dell'Italia profonda. Anche l'autostrada può essera una
frontiera culturale di cui tenere conto persino nelle scelte delle
multinazionali.
E ovviamente nella strategia di risposta alle epidemie.
Troppi varchi nella linea Maginot del sistema Italia. (Repubblica, 11
gennaio 2006)
Green Planet
giovedì 12 gennaio 2006
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