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FISSATI DAL MINISTRO GALLETTI I LIMITI PFAS: MITENI SE LA RIDE!

PFAS A KM ZERO COSA DAREMO DA BERE E DA MANGIARE AI NOSTRI BAMBINI? La popolazione dell’Ovest Vicentino e di tutto il bacino idrico inquinato dalla Miteni che coinvolge tre province del Veneto ha accolto con stupore e con rabbia la pubblicazione dei limiti decretati dal Ministero dell’Ambiente per le sostanze perfluorate.

Da tempo le associazioni raggruppate sotto il nome “Acqua libera dai PFAS” la Lega Ambiente, l’ISDE (associazione Medici per l’Ambiente), la Regione del Veneto, gli amministratori locali, e la popolazione della area interessata chiedevano che venisse emanato questo decreto al fine di programmare gli interventi necessari a bloccare la continuazione dell’inquinamento di quella che è la seconda falda acquifera in Europa, e a mettere in atto tutte le misure necessarie a proteggere le popolazioni colpite. Il Ministero ha accolto per i perfluorati a catena lunga i limiti, già abbastanza elevati, proposti dall’ISS (Istituto superiore di Sanità). Si dà il caso che la Miteni già da due anni ne ha sospeso la produzione. Per i perfluorati a catena corta (molecole più piccole delle precedenti) invece il ministro ha aumentato di sei volte i limiti, facendovi rientrare gli scarichi della Miteni e quindi “regolarizzando “ la situazione. Adesso possiamo stare tranquilli, l’acqua che beviamo è perfettamente entro i limiti ministeriali. Un lavoro “sartoriale” su misura per la multinazionale?

Si è detto che i perfluorati a catena corta fossero meno persistenti (si fa per dire) nel sangue rispetto al PFOA). Il motivo per cui nel sangue circolante i PFAS restano meno anni è stato svelato da una indagine condotta a Tarragona, in Spagna dove su 90 campioni autoptici esaminati queste molecole sono state trovate, in grande abbondanza, ammassate nel cervello, nel fegato, nei reni, nei testicoli e perfino nell’occhio. I perfluorati a catena corta, come quelli che li hanno preceduti, appartengono alla classe degli “interferenti endocrini”, sostanze molto pericolose che agiscono nel nostro organismo sostituendosi agli ormoni prodotti dalle ghiandole endocrine. Di loro si sa che producono gravi danni alla tiroide, ma nulla esclude che producano gli stessi danni dei loro fratelli maggiori, vista la loro persistenza nell’organismo umano. Siamo pertanto di fronte a un gravissimo inquinamento, visto tra l’altro che i PFAS e i PFOA, anche se non sono più prodotti dalla Miteni, sono presenti massivamente nelle nostre acque potabili grazie agli sversamenti di decenni da parte della stessa fabbrica. Pertanto i nuovi arrivati si sommano ai vecchi inquilini della falda. Il 10% circa di campioni di pesci e insalata prelevati nell'ambito del monitoraggio dei PFAS nella catena alimentare veneta, come riportato dagli organi di stampa, ma non nel comunicato dell'assessore Coletto, risulterebbero pesantemente contaminate da PFAS. Soprattutto da PFOS (acido perfluoroottansulfonico) che, è noto, è stato bandito dal nel 2002 a causa della sua pericolosità. La sua persistenza a distanza di tanto tempo, significa che oramai le falde, i suoli e la catena alimentare sono state contaminate in modo forse irreversibile. L’8 novembre di tre anni fa il giornale di Vicenza pubblicava le dichiarazioni “rassicuranti” di un noto dirigente medico della ULSS 5 che, parlando dei valori di riferimento dell’EFSA (300 ng/l (nanogrammi per litro) per i Pfos e 3000 ng/l per i Pfoa), asseriva che «Bevendo acqua che contiene Pfoa e Pfos in concentrazione inferiore ai valori guida – secondo una nota della UlSS 5 – non si sviluppano effetti negativi sulla salute anche di un bambino che pesa 10 chili». “Nessuno dei campioni analizzati supera tali valori, che si attestano generalmente ben al di sotto. I valori massimi di Pfos e Pfoa, sommati, sono stati 1.364 ng/l in un´abitazione di S. Vito e di 1.517 ng/l in un agriturismo”. (I valori limite per queste sostanze, fissati dallo stato del New Jersey, sono di 40 nanogrammi /litro). Io ho appunto un bel nipotino che pesa 10 Kg. E, come farebbe ogni persona di BUON SENSO, mi guardo bene dal seguire i suggerimenti del collega dell’ULSS 5. “… se è vero che in alcuni pesci pescati nelle acque del vicentino, sono stati trovati 57 microgrammi per kg di PFOS, che equivalgono a 57.000 (cinquantasettemila ng/kg) ciò significa che la realtà supera spesso la fantasia e la teoria” asserisce il dott. Vincenzo Cordiano, presidente vicentino dell’ISDE (Associazione dei Medici per l’Ambiente), “ Infatti, nel caso specifico e non più teorico, si evince che lo sfortunato ipotetico bambino di 10 kg cui fanno spesso riferimento illustri ricercatori e medici preposti alla tutela della salute pubblica nel vicentino, con solo mezza porzione di quel pesce, così abbondantemente intriso di PFOS e altri PFAS, supererebbe di gran lunga, la TDI (Dose tollerabile quotidiana) stabilita dall'EFSA. “…. Se uno mangia un etto di quel pesce, ingolla 5700 ng di PFOS che equivalgono a 190 litri di acqua con 30 ng/L (che è Il limite obiettivo del PFOS nell'acqua potabile stabilito dal ministero). “

Scalpitavano nell’attesa del provvedimento del ministro della sanità Galletti i nostri governanti regionali, gli amministratori comunali, le ULSS, i gestori degli acquedotti e delle fognature. Liberi tutti. Con un tocco di bacchetta magica, senza neppure citare le fonti dalle quali il ministro “benefattore” ha ricavato i nuovi limiti, l’acqua ritorna “potabile” relativamente alla nuova produzione della Miteni. Per il passato limiti non ce ne erano e quindi chi ha inquinato non paga una mazza. I cittadini del Veneto si sentono beffati e umiliati. Di proposito non cito le dichiarazioni e le difese di ufficio del ministro da parte di qualche ossequioso politico locale. Ve le troverete sui giornali e on line e lascio al vostro buon senso e alla vostra intelligenza il giudizio su quanto sta accadendo e sulle cose che ne conseguiranno. Io so solo che la strada è ancora lunga e che non abbiamo niente da aspettarci da un ministro per l’ambiente che sforna simili porcherie, scusate il termine. Voglio solo ricordare che ancora una volta è stato violato il PRINCIPIO DI PRECAUZIONE, decretato dall’UE, che prevede che non siano i cittadini avvelenati che devono dimostrare la nocività dei prodotti acquistati o ingurgitati più o meno consapevolmente, ma i produttori che devono dimostrarne e garantirne l’innocuità. Mentre spetta ai governanti e agli organi preposti dallo stato farlo rispettare. Giovanni Fazio
http://newjbi.blogspot.it

martedì 13 settembre 2016


 
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