Turchia. Censurati 100 mila siti, via l’immunità ai deputati curdi.
Oltre 100 mila siti web sono stati censurati dal regime turco in meno di un anno,
precisamente dal giorno delle elezioni politiche del giugno 2015. Lo rivela un
rapporto di Press for Freedom, progetto finanziato da un programma bilaterale
dell’ambasciata britannica per il monitoraggio della libertà di espressione. Secondo
lo studio, il web resta uno dei terreni in cui la censura del regime islamico-
nazionalista turco si manifesta più duramente nel paese dove il potere di Erdogan
e della sua cerchia si rafforza sempre di più.
Nel periodo preso in esame, ad esempio, il sito dell’agenzia curda Diha è stato
oscurato ben 37 volte, mentre 13 dei suoi reporter sono finiti in prigione.
Dall’inizio di quest’anno, invece, 33 giornalisti sono stati fermati e ben 894
licenziati per motivi politici. Tra questi ci sono anche vittime eclatanti, come il
direttore del quotidiano Cumhuriyet Can Dundar e il suo caporedattore, arrestati e
poi condannati a quasi sei anni di reclusione per aver rivelato in un articolo il
sostegno del regime ai jihadisti operanti in Siria.
Il rapporto mette in evidenza anche le continue aggressioni fisiche e gli attentati
nei confronti dei reporter, con ben 200 attacchi registrati tra gennaio e aprile di
quest’anno. Nello stesso periodo, altri 12 giornalisti sono finiti a processo con
l’accusa di insulti al presidente Recep Tayyip Erdogan; reato in base al quale
dall’iniz io del suo mandato, nell’agosto 2014, sono state aperte quasi duemila
inchieste anche a carico di adolescenti.
Oltre a oscurare siti web e ad incarcerare giornalisti, il regime si sta dedicando
negli ultimi mesi ad una vera e propria campagna di commissariamento e chiusura
dei media critici. La vittima più significativa di questo assalto all’informazione non
allineata è stato il quotidiano Zaman. All’inizio di marzo quello che era il più diffuso
e letto quotidiano dell’opposizione islamico-moderata al regime è stato prima
occupato militarmente dalla polizia e poi commissariato da un gruppo di
amministratori giudiziari che ne hanno ribaltato la linea editoriale dopo aver
licenziato giornalisti e tecnici, facendone un giornale completamente allineato. Ma
dopo l’inevitabile crollo delle vendite – passate in neanche due mesi da 650 mila
copie a neanche 2 mila – il gruppo Feza, commissariato dai funzionari del regime,
ha deciso di chiudere lo storico giornale a partire dallo scorso 15 maggio, insieme
all’agenzia di stampa Cihan, l’unica che poteva tener testa per capillarità
d’informazione e autorevolezza a quella ufficiale Anadolu, ormai da tempo
strettamente controllata dal regime. In precedenza l’Akp aveva già neutralizzato e
poi chiuso le tv, i giornali e le radio del gruppo editoriale Ipek, commissariato alla
vigilia delle elezioni del novembre scorso, ed anche in questo caso con l’accusa di
essere uno strumento della rete politico-religioso-imprenditoriale guidata da
Fethullah Gulen, ex padrino di Erdogan poi diventatone strenuo oppositore
seppure a partire da posizioni islamiche e liberiste. In un paese dove il bavaglio nei confronti dell’informaz ione critica si stringe di
giorno in giorno, il governo persegue anche la rimozione dell’immunità
parlamentare per quei deputati che si rivelino troppo indipendenti e critici.
Ieri si è svolta la prima sessione plenaria del Parlamento turco per votare un
emendamento costituzionale presentato dal Partito Giustizia e Sviluppo, al potere,
che mira a rimuovere l’immunità parlamentare dei deputati di cui la magistratura
chieda il rinvio a giudizio. Al momento, i ‘dossier’ aperti dalla magistratura
riguardano ben 129 deputati di tutti i partiti sui 550 totali che compongono
l’assemblea legislativa di Ankara. Ma appare più che evidente che la norma sia
stata scritta ad hoc per punire e ridurre al silenzio i deputati del Partito
Democratico dei Popoli (Hdp), di sinistra e filo-curdo, che rischiano quindi l’arresto
con accuse di sostegno al Pkk. Se la legge passasse il regime turco, pur senza
mettere formalmente fuorilegge l’Hdp come è stato fatto in passato con una lunga
lista di organizzazioni curde, riuscirebbe comunque a limitare al minimo l’agibilità
per una formazione che nelle due più recenti tornate elettorali ha saputo superare
i confini tradizionali del ‘voto curdo’ conquistando ampi consensi sia nelle regioni
del sud-est sia nelle grandi città turche dove anche consistenti settori di elettorato
turco progressista hanno scelto Selahattin Demirtas, leader esso stesso a rischio
prigione, accusato di ‘incitamento al terrorismo’ come molti dei suoi colleghi
deputati.
Dopo il via libera in commissione a inizio maggio, con il voto di tutti i partiti tranne
l’Hdp, ieri il parlamento ha cominciato l’esame del provvedimento in seduta
plenaria. Il provocatorio testo ha già causato scene senza precedenti in
commissione dove i parlamentari si sono scambiati pugni e calci e lo stesso
scenario potrebbe riprodursi al momento del voto finale da parte dell’aula.
Per approvare la norma, l’Akp avrà bisogno del sostegno di una parte delle
opposizioni socialdemocratica (Chp) e nazionalista di destra (Mhp) che hanno già
votato a favore del provvedimento in commissione ma non ieri. La decisione del
parlamento è arrivata in serata: con 348 sì e solo 155 voti contrari l’assemblea
nazionale di Ankara ha dato il via libera al dibattito sull’emendamento
costituzionale sulla rimozione dell’immunità ai deputati indagati. La prossima
votazione dovrebbe svolgersi al più tardi lunedì, ma l’Akp ha fretta di approvare la
legge già venerdì, prima del congresso straordinario di domenica, in cui eleggerà il
nuovo premier turco dopo che Ahmet Davutoglu è stato ‘dimissionato’ da Erdogan.
Il sogno, finora frustrato del ‘sultano’, è conquistare in un modo o nell’altro la
soglia dei 367 voti (i due terzi dei componenti del Parlamento) che gli
permetterebbe una modifica della Costituzione senza dover indire un referendum.
Se alcuni deputati dell’Hdp dovessero essere esclusi dal Parlamento grazie
all’approvazione della draconiana legge, la strada verso la conquista dei due terzi
dei parlamentari sarebbe spianata. “Se avrà successo questo golpe sarà un passo
cruciale per Erdogan per sostituire la democrazia parlamentare... con un sistema
assolutista presidenziale” ha denunciato infatti Demirtas.
Intanto i due terzi dei parlamentari il governo li deve trovare subito per far
approvare l’emendamento costituzionale in questione; i 348 voti ottenuti ieri sera
sono sufficienti a continuare l’iter parlamentare ma non a permettere
l’approvazione della norma senza che essa debba essere sottoposta al giudizio dei
cittadini tramite un rischioso referendum. E così in vista della votazione finale il
regime apre la campagna acquisti di parlamentari delle cosiddette opposizioni, in
particolare i nazionalisti di destra dell’Mhp scossi da una grave crisi interna. (Dopo il via libera in commissione a inizio maggio, con il voto di tutti i partiti tranne
l’Hdp, ieri il parlamento ha cominciato l’esame del provvedimento in seduta
plenaria. Il provocatorio testo ha già causato scene senza precedenti in
commissione dove i parlamentari si sono scambiati pugni e calci e lo stesso
scenario potrebbe riprodursi al momento del voto finale da parte dell’aula.
Per approvare la norma, l’Akp avrà bisogno del sostegno di una parte delle
opposizioni socialdemocratica (Chp) e nazionalista di destra (Mhp) che hanno già
votato a favore del provvedimento in commissione ma non ieri. La decisione del
parlamento è arrivata in serata: con 348 sì e solo 155 voti contrari l’assemblea
nazionale di Ankara ha dato il via libera al dibattito sull’emendamento
costituzionale sulla rimozione dell’immunità ai deputati indagati. La prossima
votazione dovrebbe svolgersi al più tardi lunedì, ma l’Akp ha fretta di approvare la
legge già venerdì, prima del congresso straordinario di domenica, in cui eleggerà il
nuovo premier turco dopo che Ahmet Davutoglu è stato ‘dimissionato’ da Erdogan.
Il sogno, finora frustrato del ‘sultano’, è conquistare in un modo o nell’altro la
soglia dei 367 voti (i due terzi dei componenti del Parlamento) che gli
permetterebbe una modifica della Costituzione senza dover indire un referendum.
Se alcuni deputati dell’Hdp dovessero essere esclusi dal Parlamento grazie
all’approvazione della draconiana legge, la strada verso la conquista dei due terzi
dei parlamentari sarebbe spianata. “Se avrà successo questo golpe sarà un passo
cruciale per Erdogan per sostituire la democrazia parlamentare... con un sistema
assolutista presidenziale” ha denunciato infatti Demirtas.
Intanto i due terzi dei parlamentari il governo li deve trovare subito per far
approvare l’emendamento costituzionale in questione; i 348 voti ottenuti ieri sera
sono sufficienti a continuare l’iter parlamentare ma non a permettere
l’approvazione della norma senza che essa debba essere sottoposta al giudizio dei
cittadini tramite un rischioso referendum. E così in vista della votazione finale il
regime apre la campagna acquisti di parlamentari delle cosiddette opposizioni, in
particolare i nazionalisti di destra dell’Mhp scossi da una grave crisi interna. (di Marco Santopadre)
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mercoledì 18 maggio 2016
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