Ttip, trattato su nuovo ordine mondiale, in gioco la libertà
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Il Trattato Transatlantico per il
Commercio e gli Investimenti
meglio noto come TTIP non è
solo un accordo commerciale di
libero scambio che coinvolge i
50 Stati degli USA e le 28 nazioni
dell’Unione Europea, ma è molto
di più. Si tratta di una vera e
propria rivoluzione degli assetti
mondiali del capitalismo. Insomma
le preoccupazioni relative
alla sicurezza alimentare sono
solo la punta di un iceberg mostruoso.
Questi accordi sono
oggi spinti in maniera fortissima
dal presidente Obama, la sua visita
di questi giorni in Europa è
funzionale a questo. Non si tratta
solo di far nascere la più grande
area di libero scambio al mondo
ma attraverso questo in una logica
tutta made in Usa si farebbe
di fatto saltare il principio italiano
ed europeo a livello di controlli e
di standard minimi richiesti per
la circolazione delle merci comprese
le norme sulle sostanze
chimiche tossiche e come vedremo
molto altro ancora. Insomma una rivoluzione che porta
rischi immensi a fronte di benefici,
che certamente ci potrebbero essere
per qualche azienda, ma che ad analisi
attenta appaiono inferiori di
gran lunga ai danni cagionati. Fra
l'altro, anche se in sede di definizione
dovessero essere trovati dei sistemo
di salvaguardia (ma non si capisce
come) questi in realtà non risolverebbero
il problema che sta alla
base degli accordi, che non è solo
un trattato economico, ma ridisegna
di fatto la concezione geopolitica
del mondo in una visione capitalistica
estremizzata che ne snatura perfino
l'ideologia e che dovrebbe far
sobbalzare sulla sedia, non i nostalgici
del bolscevismo, ma proprio i liberisti
più convinti. Ma prima di
analizzare questa parte ideologica,
guadiamo al concreto limitandoci
al solo settore agroalimentare italiano
e alla criticità che il trattato si
porta dietro in tema di sicurezza alimentare,
tutela delle nostre DOP +
IGP ma soprattutto composizione
delle controversie degli investitori.
Riguardo a questo punto, vi è il timore
che l’accordo possa andare a
discapito della qualità dei prodotti
che arriveranno sulle nostre tavole,
con l’introduzione di cibi oggi non
consentiti nell’Unione Europea
(dove la normativa è più stringente)
come prodotti OGM, carne con ormoni,
carcasse di pollo lavate con il
cloro e quelle di mucca con acido
lattico ecc., con l’obiettivo di avere
prezzi più bassi e con il conseguente
rischio di un danno per le nostre
PMI. La questione forse più delicata
per il settore agroalimentare italiano
è quindi legata ai possibili danni
ai marchi a denominazione di origine.
Ma nel trattato c’è addirittura
qualcosa di ancora più pericoloso
dato che conterrà la clausola ISDS
(Investor-State Dispute Settlement).
Una clausola molto contestata
anche da parte di alcuni governi
europei. Si tratta della creazione di
un arbitrato sovranazionale, destinato
a risolvere le controversie tra
aziende investitrici e governi accusati
di non rispettare le clausole del
trattato (anche se fossero norme importanti
per la tutela della salute dei
propri cittadini ndr). Non solo le
aziende potrebbero citare gli Stati e
le loro articolazioni territoriali in
giudizio, ma le vertenze non verrebbero
giudicate dai tribunali ordinari
sulla base di tutta la normativa vigente,
ma da un arbitrato che giudicherà
in base all’interpretazione
del solo trattato. Spieghiamo meglio:
se lo Stato o un Comune o una
Regione decide in autonomia che
una determinata sostanza non può
essere contenuta in un alimento perchè
nociva, il giudizio dell’arbitrato
si baserebbe sulle regole del trattato
e se, come probabile, l’ente nazionale
dovesse essere giudicato colpevole,
non solo dovrebbe ritirare il
provvedimento ma risarcire l’impresa.
Come si capisce a questo
punto diventa risibile la tesi dei sostenitori
del trattato che vedono di
buon occhio l’abbattimento delle
barriere tariffarie, che favorirebbero
l’aumento delle esportazioni europee
verso gli Stati Uniti, perchè
queste sarebbero enormemente inferiori,
non solo all'invasione di
prodotti dalla discutibile qualità e
salubrità, ma soprattutto limiterebbe
il potere decisionale in temi delicati
come quello della alimentazione.
Ma è la logica complessiva
che sta dietro al trattato che in realtà
è la cosa più pericoloso, è quella la vera massa dell'iceberg che rischia
di squarciare la chiglia delle nostre
ormai fragili democrazie. Infatti attraverso
la realizzazione di questo
trattato, in combinato disposto con
altre realtà già esistenti come la Nato,
e future, come Tisa (Trade in Services
Agreement) gli Stati Uniti puntano
a realizzare l’accerchiamento
della Cina e di altri Paesi emergenti,
la subordinazione dell’UE e l’isola -
mento della Russia. Fantasie da Risiko?
Non proprio, per massima
esemplificazione si può dire che anche
il TTIP ha come obiettivo di realizzare
l’unione di due delle economie
più ricche al mondo e delle rispettive
aree valutarie, quella del
dollaro e quella, maggiormente in
difficoltà, legata all’euro, ma non
allo scopo di creare maggior benessere
per i cittadini delle varie comunità
nazionali, ma altresì per metterle
sotto il giogo di un sistema basato
sul profitto e sul primato assoluto
del denaro in mano a pochi ben
selezionati gruppi di potere. Siamo
oltre le logiche di un capitalismo basato
sul libero mercato e la concorrenza,
perchè di libero non vi sarebbe
proprio nulla. Pochi gruppi economici
infatti per poter crescere all'infinito
hanno la necessità di riduzione
dell’occupazione, dei salari e
dei diritti di lavoratori e cittadini al
fine di poter competere con chi quei
diritti non li ha mai avuti. Non è un
caso che si sta vedendo una accelerazione
della pressione Usa per andare
con rapidità all'accordo. La
amministrazione della Casa Bianca
è schiava se non coincidente con gli
interessi di potere di lobby finanziarie
e multinazionali. La prova è proprio
nel fatto che Obama ha messo il
punto TTIP ai primi punti della sua
agenda e sta cercando di sfruttare il
momento di debolezza dell’UE, dovuto
anche alla vicenda profughi,
per realizzazione il progetto che torna
soprattutto a suo vantaggio. Ma
non solo di Ttip si “nutrirà”il nuovo
ordine mondiale, un altro accordo
in via di negoziazione è il cosiddetto
Tisa, Trade in Services Agreement,
relativo alla liberalizzazione e privatizzazione
del mercato dei servizi
(un affaraccio pari al 70% del PIL
mondiale, che coinvolge una cinquantina
di paesi tra cui USA, UE,
Australia, Canada, Svizzera, Israele,
Turchia, Corea del Sud, Giappone.
. Si tratta di sostanzialmente di arrivare
ad una progressiva deregolamentazione
e privatizzazione di
settori come la sanità, l'istruzione, i
trasporti, l'acqua, il sistema pensionistico,
impedendo di fatto agli Stati
di gestire direttamente questi servizi.
Da tutti gli accordi, compresi alcuni
legati alle gestione dell'alta finanza,
sono esclusi i cinesi e gli altri
paesi del cosiddetto BRICS, acronimo
delle iniziali di cinque stati: Brasile,
Russia, India, Cina, Sudafrica.
Insomma ha ragione Papa Francesco,
la terza guerra mondiale è in
corso, ma il pericolo più grande non
è l'Isis, ma la sete di denaro di pochi
rabbiosi individui. (di Fabio Folisi)
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giovedì 28 aprile 2016
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