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Stati Uniti, il salmone transgenico arriva sulle tavole degli americani.

Arriva sulle tavole degli americani il supersalmone Biotech, il primo animale geneticamente modificato ad essere messo in vendita nei supermercati Usa. "In base ai test scientifici forniti, il salmone AquAdvantage soddisfa i requisiti normativi" ed è "adatto al consumo", ha riferito l'Agenzia federale di regolamentazione dei farmaci e l'alimentazione, la Food and drug administration (Fda). Il salmone transgenico è stato messo a punto dalla società AquaBounty Technologies di Boston, nello Stato del Massachusetts. Il 'via libera' arriva dopo anni di polemiche. Il nuovo pesce è una sorta di salmone Atlantico cui è stato iniettato un gene del salmone Chinook del Pacifico per fare in modo che cresca più velocemente: raggiunge le dimensioni di un adulto in 16/18 mesi, invece che nei consueti due anni e mezzo.

Secondo la Fda, il salmone AquAdvantage è nutriente come quello Atlantico "naturale" e non vi è alcuna differenza biologica significativa tra le sue qualità nutrizionali e quelle di altri salmoni d'allevamento nell'Atlantico. Il salmone AquAdvantage può essere allevato solo in vasche a terra chiuse, in due installazioni specifiche in Canada e a Panama, ha precisato l'Fda. L'autorizzazione non permette dunque che sia allevato negli Stati Uniti. Le associazioni di consumatori si erano fermamente opposte alla commercializzazione della specie Ogm, sostenendo che il consumo può essere pericoloso per la salute umana e che il salmone transgenico presenta rischi per le altre specie, qualora i "pesci Frankenstein" (o 'Frankenfish', come sono stati ribattezzati dai critici) dovessero sfuggire dal loro ambiente. Un'eventualità che, però, Aquabounty esclude perché i salmoni sono allevati in vasche chiuse e perché si tratta di femmine sterili che non potrebbero dar origine a una prole geneticamente modificata. A possedere la maggioranza dell'azienda che ha brevettato il salmone Ogm, è la Intrexon Corporation, una società americana leader nella biologia sintetica (e attiva anche nel settore agricolo e in quello della ricerca farmaceutica) che, nel 2013, ha salvato l'Aquabounty dalla bancarotta. E che ad ottobre di quest'anno ha ottenuto dall'Epo, l'Ufficio europeo per i brevetti, il riconoscimento di “invenzione” per gli animali transgenici. Una decisione che ha scatenato le proteste dell'associazione tedesca anti-ogm Testbiotech che, insieme ad altre organizzazioni, ha presentato opposizione su basi etiche, sostenendo che questo avrebbe potuto rappresentare un incentivo a portare avanti esperimenti sugli animali a fini commerciali.

Gli Stati Uniti importano notevoli quantitativi di salmone atlantico (più di 200.000 tonnellate all'anno per una spesa di 1,5 miliardi di dollari), principalmente da paesi come Norvegia, Canada e Cile, e Aquabounty è convinta che l’industria del settore trarrà notevoli benefici dall’approvazione del suo pesce. L'azienda acquistò nel 1991 i diritti necessari per utilizzare una specifica tecnologia di manipolazione genetica da un gruppo di ricercatori dell’Università di Toronto, in Canada. Da quel momento, a fronte di una spesa di 67 milioni di dollari, Aquabounty decise di investire nel supersalmone, e nel 1993 iniziò a parlarne con la Fda. Solo nel 2010 ci fu un primo ok parziale dell'agenzia federale, che aveva giudicato il nuovo pesce sicuro per la salute ma non aveva ancora completato gli studi sull'impatto ambientale. Sono passati altri cinque anni per ottenere il via libero definitivo.

Se, come abbiamo visto, negli Stati Uniti alla vendita del supersalmone si sono opposti consumatori e ambientalisti, in Italia un'indagine Coldiretti/Ixè rivela che sono contrari al biotech nel piatto quasi 8 cittadini su 10 (il 76 per cento). "Di fronte ad una escalation nell'applicazione delle biotecnologie al regno animale, con modificazioni genetiche e clonazioni, occorre intervenire tempestivamente - conclude la Coldiretti - con un adeguamento delle normative comunitarie per impedire l'importazione di questa preoccupante novità di cui non si sente certamente il bisogno. Una esigenza che è ancora più evidente alla luce del negoziato in atto sul libero scambio tra unione europea e stati uniti, il cosiddetto Ttip". (di MONICA RUBINO)
www.repubblica.it

sabato 21 novembre 2015


 
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