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In arrivo carne americana proveniente da animali imbottiti di estrogeni, anabolizzanti e sostanze classificate cancerogene. Se passa il TTIP tutto ciò sarà presto realtà.

Dopo i polli con gli antibiotici l’adesione dell’Europa al Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) proposto dagli Stati Uniti aprirà le porte alle bistecche di manzo ottenute da animali imbottiti di ormoni, anabolizzanti, beta agonisti… Si tratta di sostanze chimiche e medicinali il cui uso in Europa è vietato, salvo quando il veterinario deve curare un animale malato. La questione non è banale visto che in alcuni casi si tratta di sostanze classificate dallo IARC come cancerogene. Nonostante ciò gli americani utilizzano anabolizzanti e ormoni con regolarità. Come conciliare la filosofia europea contro il trattamento generalizzato degli animali (a tutela della salute pubblica), con quella americana che autorizza le somministrazioni per aumentare la produzione di carne?

Per capire meglio bisogna spiegare il meccanismo. Negli allevamenti statunitensi per dare sostanze anabolizzanti agli animali non usano mangimi (trattandosi spesso di sostanze simili a quelle naturalmente presenti nell’organismo, sarebbero in buona parte destinate ad essere metabolizzate dall’apparato digerente) e nemmeno siringhe per inoculare le dosi in quanto troppo dispendioso. Nella maggior parte dei casi viene inserita sottopelle una capsula delle dimensioni di un microchip in grado di rilasciare per 15-20 giorni un cocktail di ormoni. Il dosaggio è diverso in base al sesso. L’obiettivo è avere un prodotto il più possibile standardizzato con un rapporto ottimale tra fibre muscolari e grasso. In questo modo si riducono le differenze tra maschi e femmine e si ottiene carne succulenta. Tra gli ormoni utilizzati negli USA troviamo il beta estradiolo (sostanza classificata come cancerogena dalla IARC, ma anche naturalmente presente nel corpo umano, nei bovini e in alcuni vegetali oltre che essere un ingrediente importante della pillola anticoncezionale) (*), il progesterone, il testosterone, i beta agonisti ecc… Secondo gli americani un uso a basso dosaggio per periodi prolungati, non aumenta il livello di esposizione dei consumatori in quanto i singoli residui non superano quelli che possono essere presenti fisiologicamente in alcuni periodi della vita degli animali. Sono vietati i cortisonici che incrementano la ritenzione idrica e incentivano l’appetito e i tireostatici che agiscono sulla funzione della tiroide aumentando la quantità di acqua nei muscoli.

L’Europa sin dagli anni ’90 ha vietato l’impiego di sostanze anabolizzanti e di ormoni, ingaggiando un dura lotta con USA e Canada. La difficoltà è che sospendendo il trattamento un paio di settimane prima della macellazione è impossibile per un laboratorio distinguere la carne trattata. In realtà esistono metodi analitici innovativi che evidenziano alterazioni metaboliche ma non essendo riconosciuti a livello ufficiale si possono usare solo come screening. L’altro elemento da considerare è l’assenza di statistiche in grado di dimostrare che le persone abituate a consumare carne con ormoni e anabolizzanti presentano un indice di rischio maggiore. Per questo motivo nell’ambito degli accordi di libero scambio (GATT e WTO) l’Europa non è riuscita a dimostrare la pericolosità della carne bovina trattata che, secondo la commissione CODEX, può essere considerata sana al pari dell’europea. Forti di queste premesse gli esperti di Bruxelles favorevoli alla firma del trattato TTIP ribadiscono che nell’eventualità di un accordo la carne bovina che arriverebbe nei nostri supermercati si potrebbe classificare a tutti gli effetti come sicura non esistendo metodi analitici per risalire all’impiego di anabolizzanti e ormoni. Questo ragionamento si base su un principio di equivalenza che però viene contestato dagli esperti. Secondo gli studiosi occorre pretendere dagli USA l’applicazione del principio di identità. Ovvero stesse modalità di allevamento e non semplice equivalenza dei criteri di salubrità. I bovini importati devono rispettare le norme su: benessere animale, igiene del processo di macellazione, divieto di uso di tutte le sostanze anabolizzanti e adozione del principio di precauzione (**). Tutto ciò però non sarà mai scritto nell’accordo.

Se viene firmato il trattato TTIP con gli USA saremo invasi da carne americana proveniente da animali imbottiti di medicinali. In questo modo la sicurezza alimentare, il controllo della filiera che a fatica gli europei hanno ottenuto e realizzato negli ultimi 30 anni con leggi e controlli, saranno spazzati via. I consumatori potranno riconoscere le bistecche importate dagli USA perché l’etichetta dovrà indicarne l’origine, ma nulla si potrà sapere per la carne utilizzata nei salami, nei ripieni per ravioli, negli omogenizzati per bambini o nei piatti pronti perché l’etichetta non deve indicare l’origine della materia prima. C’è poi un fattore economico da considerare. Le capsule sottopelle e i farmaci vengono somministrati per accelerare la crescita e ottenere una bistecca con il giusto equilibrio tra muscolo, grasso e tessuto connettivo. Tutto ciò riduce i costi negli allevamenti e permette di esportare a prezzi competitivi generando una concorrenza sleale nei confronti dei nostri allevatori. Il mito da sfatare è che queste bistecche “gonfiate” quando arrivano in padella si ritirano. Non è vero. L’effetto restringimento si registra soprattutto su carni troppo magre e su quelle trattate con corticosteroidi o tireostatici, non su quelle “ottimizzate” con ormoni. Firma la petizione europea per dire no al TTIP. Siamo arrivati 1,7 milioni di firme. ( il modulo lo trovi sulla colonna di destra della home page di questo sito: http://www.ilfattoalimentare.it/carne-americana-sostanze-ttip.html ) (*) Nell’aprile 1999, il CSMVSP ha concluso, pur con gradi diversi di attendibilità, che l’uso dei sei ormoni (l’estradiolo 17-beta, il progesterone, il testosterone, lo zeranol, l’acetato di trenbolone e l’acetato di melengestrolo) per stimolare la crescita dei bovini costituisce un rischio per il consumatore. (**) In Europa secondo il principio di precauzione un trattamento o un additivo non possono essere autorizzati se non esistono evidenze scientifiche sull’effettiva sicurezza scaturite da complesse analisi del rischio. Se ci sono dei dubbi il medicinale o la sostanza chimica non si può utilizzare. In USA l’approccio è inverso: tutto è ammesso finché qualcuno dimostra che esiste un rischio per la salute. ( di Roberto La Pira )
www.ilfattoalimentare.it

martedì 12 maggio 2015


 
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