Dal Tpp al Ttip, il libero scambio nuoce alla salute.
L’Europa dovrebbe apprendere la lezione del Trattato transpacifico, dove sono aumentati a dismisura i
prezzi dei farmaci
L’Europa nei suoi negoziati in corso sul Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership) con gli Stati Uniti
potrebbe imparare molto dal gemello pacifico Trans-Pacific-Partnership (Tpp), dove alcuni problemi stanno
venendo fuori, ad esempio dalla questione farmaci.
Rappresentanti degli Stati Uniti e di altri undici paesi del Pacifico si sono riuniti alla fine di gennaio per
pianificare il futuro delle loro relazioni commerciali attraverso il Ttp. Sebbene lo scopo dichiarato di tali trattati
sia quello di rimuovere gli ostacoli al libero commercio, appare sempre più chiaro che tali ‘ostacoli’ altro non
siano che le regole per tutelare consumatori, lavoratori, ambiente e salute. Potenti imprese multinazionali
sembrano aver avuto un peso decisivo durante la fase istruttoria di queste negoziazioni. Quel che hanno
deciso potrebbe portare a un drammatico aumento dei prezzi dei farmaci per centinaia di milioni di persone.
Fra gli argomenti discussi dai negoziatori, vi sono alcuni degli elementi più controversi del Tpp – relativi al
regolamento della proprietà intellettuale. Tali regole potrebbero consentire ai colossi dell’industria
farmaceutica di mantenere o aumentare i profitti monopolistici connessi alla vendita dei farmaci da loro
prodotti.
La segretezza dei negoziati sul Tpp rende questi ultimi terribilmente opachi e difficili da discutere. Sappiamo
però che gli accordi commerciali vengono negoziati dal Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti. In
teoria questo dovrebbe agire nell’interesse del popolo americano, ma storicamente, l’ufficio del
Rappresentante ha allineato le proprie posizioni agli interessi delle grandi imprese. Se i colossi del settore
farmaceutico influenzano le negoziazioni, il Tpp potrà bloccare la diffusione sul mercato dei farmaci generici. I
profitti dei monopolisti in quel settore verranno mantenuti, a spese della salute dei pazienti e del bilancio di
consumatori e governi. Ci sono due modi attraverso cui il Rappresentante per il commercio può usare il Tpp
per mantenere stabili o addirittura far salire prezzi e profitti connessi alla vendita dei farmaci.
Il primo consiste nel restringere la possibilità di competere sul mercato ai farmaci generici. La relazione tra
maggiore competizione e riduzione dei prezzi è assiomatica. Quando le imprese devono lottare per
accaparrarsi i clienti finiscono per ridurre i prezzi. Quando un brevetto arriva a scadenza, qualunque impresa
può entrare sul mercato proponendo la versione generica dei farmaci associati a quel brevetto. La differenza
di prezzo tra i farmaci generici e quelli di marca è, peraltro, strabiliante. Solo la diffusione dei farmaci generici
può spingere in basso i prezzi. Da quando gli Stati Uniti hanno aperto il loro mercato ai farmaci generici nel
1984, la loro diffusione è passata dal 19 all’84% delle prescrizioni mediche totali consentendo al governo e ai
consumatori americani di risparmiare più di 100 miliardi di dollari all’anno.
La seconda strategia consiste nel limitare la regolamentazione governativa sul prezzo dei farmaci. I governi
possono intervenire direttamente bloccando i prezzi per legge, o negando i rimborsi ai pazienti nel caso di
farmaci eccessivamente costosi: così le aziende sono incentivate a ridurre il prezzo verso il livello approvato
dal governo. Questo genere d’interventi regolatori è di particolare importanza in mercati poco inclini alla
concorrenza come quello farmaceutico. Se le attuali posizioni del Rappresentante per il commercio degli Stati
Uniti prevarranno, la possibilità di controllare i prezzi dei farmaci da parte 0dei paesi partecipanti al Trattato si
ridurrà drasticamente.
L’orientamento generale della sezione proprietà intellettuale del Tpp va nella direzione di una minor
concorrenza e di un incremento generalizzato dei prezzi dei farmaci e i suoi effetti travalicheranno i Paesi
aderenti ai trattati.
Come noto, le imprese del settore giustificano i loro continui tentativi di spingere al rialzo il prezzo dei farmaci
con la necessità di reperire i fondi necessari al finanziamento di ricerca e sviluppo. Ma questo è
semplicemente falso. Intanto i colossi del farmaco spendono molto di più in pubblicità e marketing che nello
sviluppo di nuove idee. Inoltre eccessive restrizioni alla regolamentazione della proprietà intellettuale,
scoraggiano lo sviluppo di nuove idee limitando la possibilità degli scienziati di lavorare sulle scoperte altrui e
soffocano la diffusione e lo scambio di conoscenza che è cruciale per l’innovazione. Infine, la gran parte delle
innovazioni più importanti viene realizzata in università e centri di ricerca finanziati dal Governo.
La guerra sul prezzo dei farmaci che si sta portando avanti con il Tpp e l’abbandono del principio di
precauzione ci portano nella direzione sbagliata. Il mondo intero potrebbe pagare un prezzo salato in termini
di peggiore salute per tutti in cambio di maggiori profitti per le multinazionali.
(di Joseph Stiglitz)
"Le persone prima dei profitti". Contro il Ttip il 18 mobilitazione
mondiale! - Fabio Sebastiani (Controlacrisi.org – 17/4/2015)
Il 18 aprile il mondo si mobilita contro TTIP e trattati di libero scambio In Italia decine di iniziative, centinaia in
Europa e negli USA. Saranno 200 nel nostro Paese, migliaia in tutto il mondo. Le organizzazioni in difesa
dell’ambiente e della società civile si troveranno nelle piazze di più continenti, per esigere il blocco degli
accordi internazionali sul commercio e gli investimenti. L’Europa e l’Italia, insieme agli Stati Uniti, chiederanno
l’arresto delle trattative sul TTIP.
“Le persone e il pianeta prima dei profitti” è lo slogan dell’iniziativa che mira innanzitutto al TTIP (Transatlantic
Trade and Investment Partnership), che gli Stati Uniti stanno discutendo in sostanziale segreto con l’Unione
Europea. L’accordo prevede l’abbattimento di tutte le barriere non tariffarie al commercio, ossia normative e
regolamenti a protezione di beni comuni e servizi pubblici, che le grandi compagnie multinazionali che
spingono per la chiusura dell’accordo ambiscono a monetizzare. In cambio di un abbassamento degli standard
qualitativi, nonostante le promesse dei promotori, gli studi più ottimistici prevedono nel caso improbabile in
cui tutte le condizioni fossero soddisfatte un aumento del PIL europeo appena dello 0.5%, a partire dal 2027.
Quelli meno ottimistici, una perdita di posti di lavoro in UE di minimo 600 mila unità.
Stime che non tengono conto dell’aleatorietà delle ipotesi, considerato che solo per l’Italia e per le sue
politiche economiche degli ultimi anni, recenti studi della CGIL hanno mostrato scostamenti tra l’ipotizzato e il
reale di più del 14%.
Per la Campagna Stop TTIP Italia parteciperanno sono previste circa 30 iniziative in tutto il Paese. Vi saranno
manifestazioni e flash mob nelle grandi città – da Roma a Milano, da Torino a Napoli, fino a Firenze – e in molti
centri minori.
L’intenzione dei due blocchi, USA e UE, è convergere su una bozza di accordo entro quest’anno, ma la forza
dell’opposizione sociale e la richiesta di maggiore trasparenza sta rallentando le decisioni. Una parte del
Parlamento Europeo si è detta contraria a un’armonizzazione delle normative con quelle degli Stati Uniti,
perché i rischi sono troppo alti e il processo irreversibile. Inoltre, oltre un milione e 700 mila cittadini europei
hanno sottoscritto la petizione per chiedere alla Commissione l’immediato arresto delle trattative sul TTIP.
Una raccolta di firme che prosegue intercettando il crescente consenso dell’opinione pubblica sul tema, con
l’intento di tagliare il traguardo dei 2 milioni ad ottobre.
Sulo Ttip, la Cgil – come la Ces e il sindacato americano – hanno già espresso chiaramente le loro posizioni
volte ad evitare l'ulteriore compressione della democrazia – grazie a “cooperazione regolatoria” e meccanismi
di disputa investitori/stati – così come a vedere compressi i diritti ambientali, sociali e del lavoro e gli stessi
livelli occupazionali generali e/o settoriali. La Commissione Europea – su mandato del Consiglio Europeo, cioè
dei governi dell'Unione – è molto attiva sul piano dei trattati commerciali e di investimento e, accanto al
negoziato TTIP, sta conducendo altri importanti e pericolosi negoziati bilaterali (come quello sugli investimenti
con la Cina) o plurilaterali, come quello TISA sui servizi, mentre ha appena siglato l'accordo CETA con il Canada
(“cavallo di troia” per il TTIP) che dovrà essere tra breve posto alla ratifica di Consiglio e Parlamento europei.
L'appello alla mobilitazione cade mentre - a livello mondiale - il WTO sta proseguendo i negoziati “tecnici”
applicativi dell'accordo sulle “Trade Facilitations” raggiunto a Bali, come preludio per il proseguimento del
Doha Round avviato nel 2001, e i paesi “più avanzati” stanno spingendo per la definizione di “nuove regole”
globali, attraverso accordi bilaterali o plurilaterali.
Il Manifesto
venerdì 17 aprile 2015
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