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Influenza aviaria: sono gli allevamenti intensivi il vero problema.

Influenza aviaria: nessun rischio di contagio mangiando pollo! Una psicosi che ha abattuto i consumi del 30%. Ma sono gli allevamenti intensivi il vero problema.

“Non c’è nessun rischio di contagio mangiando pollo, ma è il contatto diretto con l’animale infetto ad essere pericoloso. E gli allevamenti europei sono al momento indenni dal virus dell’influenza aviaria (A H5 N1)”. Lo ribadisce Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente a fronte del massiccio calo (30%) dei consumi di pollame da parte dei cittadini italiani. Quello che l’Oms teme dopo i recenti contagi è che il virus possa passare ad una fase di diretto contagio umano creando i presupposti per una pandemia mondiale, proprio per l’estrema variabilità della virulenza. “Il punto – continua Ferrante – è un altro. Bisogna trovare un piano di risposta che veda la concertazione delle forze politiche sociali ed economiche sui metodi di allevamento. I modelli di allevamento attualmente praticati sono incapaci di controllare l’insorgere di questi virus”.

Forse non tutti sanno, sottolinea Legambiente, che in Veneto e Lombardia l’influenza aviaria a bassa patogenità è ormai presente da 6 anni e quindi endemica. Il piano delle rispettive Regioni di concerto con il Ministero della sanità ha scelto di tenere sotto controllo l’influenza vaccinando gli animali invece di puntare sull’eliminazione del problema. “Insomma, - aggiunge il direttore di Legambiente – quello che si è tentato è la coesistenza tra le necessità del business e il pericolo. Questo è, a parere nostro, un preciso indicatore di come i modelli di allevamento siano il fulcro del problema. Ad oggi il governo italiano (così come quello europeo), ha previsto l’uso di un antivirale che difficilmente sarà pronto nei tempi necessari e che per la sola prenotazione di 36 milioni di dosi che non assicureranno mai una protezione del 100%, la spesa è stata di 5 milioni di Euro!”. La denuncia di Legambiente è chiara: “Non è accettabile – conclude Ferrante - che si eviti di mettere mano alle cause del problema, che si scelga di intervenire puntando a limitare i danni per non affrontare le cause strutturali che danno origine al pericolo, esponendo gli italiani una e vera e propria lotteria il cui premio è la speranza di non ammalarsi”. Ecco perché Legambiente condanna duramente la gestione degli allevamenti intensivi, proponendo diverse misure di prevenzione. Codificando, a esempio, il numero di animali per chilometro quadrato stabilendo, insieme alle regioni, le province e i comuni, un carico zootecnico distribuito a livello nazionale che rispetti regole di biosicurezza. Mettere in sicurezza gli allevamenti industriali varando un piano sanitario urgente che oltre all’etichettatura stabilisca regole certe per gli allevanti lasciati oggi alla gestione del “buon cuore” degli industriali del settore. Ridurre, da subito, almeno del 50 %, la quota di uova per la prossima produzione del pollame fino a dicembre e prevederne il blocco nei mesi di più pericolosi, da gennaio a marzo. Promuovere in sede nazionale e Comunitaria l’adozione di politiche di controllo reale ed efficace sui sistemi di sicurezza sanitaria e sociale applicati nei paesi terzi, da cui dipendiamo per le importazioni di materie prime o trasformati alimentari, esigendo l'omologazione dei sistemi verso l’alto per autorizzare l'interscambio di prodotti. Sostenere da subito con ammortizzatori sociali le aziende che scelgono strategie di riconversione produttiva adottando processi di qualità incentrati sul rispetto dell’ambiente e del benessere animale. Queste semplici regole sono le uniche cose sensate che immediatamente può fare il governo nazionale e regionale a difesa dei cittadini. Legambiente - Ufficio stampa 06.86268355-79-99 (fonte: Today news - 12/10/2005 13:47)


Today news

mercoledì 12 ottobre 2005


 
News

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