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ARGENTINA, UN DESERTO DI SOIA TRANSGENICA.

Ogni tre tonnellate se ne va un ettaro di terra. Ma secondo gli studiosi è un modello di sviluppo non sostenibile. Sull’altare dell’accordo della soia saranno sacrificati milioni di ettari di foreste, sradicati in nome dell’alleanza strategica con Pechino.

Il gigante comunista cinese e i governi dell’America Latina tengono fede agli accordi commerciali decisi lo scorso novembre quando il presidente cinese Hu Jintao nel giro di pochi giorni, in un vero e proprio tour diplomatico, strinse accordi economici con quattro importanti paesi dell’ America del Sud: Cile, Brasile, Argentina e Cuba. “L’Argentina avrà più facile accesso al mercato cinese con i suoi prodotti agricoli” dichiarò alla Bbc, Juan Wang, l’ambasciatore cinese a Buenos Aires. La domanda crescente di soia da parte della Cina ha permesso all’Argentina di riprendersi parzialmente dalla crisi del 2001 registrando una crescita dell’8%. Ma proprio questa ripresa dovuta alla coltivazione intensiva della soia potrebbe - nel lungo periodo - mettere in crisi l’intero modello agricolo argentino. L'Argentina è il primo esportatore mondiale di soia e per rispondere alla domanda del mercato internazionale ha iniziato da tempo a distruggere le sue foreste. Ettari di terreno destinati alla coltivazione di soia sostituiscono le piantagioni di frutta e circa il 50% del territorio coltivabile è oggi sfruttato per la monocultura. In Brasile, sono sessantadue milioni gli ettari già coltivati cui si aggiungeranno, fra breve, altri novanta milioni di ettari di foresta vergine, il tutto destinato alla domanda cinese. Le foreste vengono distrutte per coltivare soia geneticamente modificata impiegata nell’altra parte del mondo, in Europa e in Cina, per la grande industria degli allevamenti di maiali, bovini e polli. Il 98% della soia argentina è transgenica dato che questa pianta non potrebbe nascere nel terreno delle foreste tropicali argentine. I bulldozer distruggono le foreste di Salta che assieme a Yungas e Great Chaco rappresentano la seconda foresta dell'America Latina, dopo l'Amazzonia. Si tratta di aree ricche di specie rare che potrebbero a breve scomparire definitivamente dalla regione. La foresta del Grande Chaco copre un milione di chilometri quadrati e si estende in Argentina, Paraguay, Bolivia e Brasile. La foresta di Yungas, conosciuta anche come foresta di montagna, si trova solo in Argentina, dove occupa circa 70.000 chilometri quadrati. Per ogni tre tonnellate di soia, se ne va un ettaro di terra. Lo stesso avviene anche in Paraguay, Bolivia e nel sud del Brasile. In Argentina il boom della soia è iniziato nel 1996 quando la Monsanto ha introdotto nel paese le prime sementi geneticamente modificate, aprendo la strada a quelli che presto sarebbero diventati gravi problemi sociali e ambientali. La distruzione delle foreste di Yungas e Grande Chaco provoca danni alle comunità locali e ai popoli indigeni anche perché i "baroni della soia" pagano la polizia locale per minacciare la gente e spingerla a lasciare la propria casa, non limitando l’uso delle armi. Senza contare l’impiego massiccio di erbicidi e pesticidi. Il consumo argentino di glyphosate era di 13,9 milioni di litri nel 1997, arrivò a 150 milioni di litri nel 2002. All'università di Rosario un gruppo di studiosi documentava che l'abuso di Roundup (l’erbicida prodotto e usato dalla stessa Monsanto) aveva prodotto l'emergere di erbe resistenti allo stesso prodotto. In quell’occasione Charles Bembrook dell'organizzazione «Northwest Science and Environmental Policy Center» di Sandpoint nell'Idaho che aveva cercato invano di mettere in guardia i coltivatori argentini dall'uso massiccio della soia Ogm, commentava: “L'Argentina ha adottato la tecnologia Ogm più rapidamente e più radicalmente di ogni altro paese. Non ha preso le opportune precauzioni per gestire la resistenza e proteggere la fertilità dei suoli. Sulla base di questi risultati non penso che questo tipo di agricoltura sia sostenibile per più d'un altro paio di anni”. Aprile, 22 marzo 2005


Green Planet

lunedì 28 marzo 2005


 
News

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