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INFLUENZA AVIARIA: ciò che governi e multinazionali della zooctenia non dicono e non fanno


INFLUENZA AVIARIA: ciò che governi e multinazionali della zooctenia non dicono e non fanno per evitare di esporre la popolazione a gravi rischi di pandemia. I ripetuti allarmi dell’ OMS, della FAO, la pressione mediatica di cui è stato oggetto il cittadino in queste settimane, per non parlare della scelta del nostro governo di proporre come panacea un antivirale che, tra parentesi, ancora non esiste ne in laboratorio ne in produzione industriale, ci pone nelle condizioni di riproporre con rinnovato vigore un contributo di AltrAgricoltura Nord Est sulla questione dell’influenza aviaria. Influenza aviaria, BSE, polli alla diossina, sono stati e rimangono un terribile campanello d’allarme per la salute pubblica e pongono inderogabilmente la questione ambientale ed agricola fra i temi di alta urgenza politica. Il modello dei processi agricoli e zootecnici imposto dal liberismo degli ultimi 70 anni sostenuta anche dalle politiche agricole comunitarie, ha distrutto la biodiversita, sia vegetale ,che zootecnica , eliminando per “scarsa produttività” centinaia e migliaia di vegetali e di di razze di animali. Nel caso dei polli, salvo alcune eccezioni in Francia, il patrimonio genetico dei polli si è ridotto a due sole razze di animali universalmente allevate nel mondo. Si tratta di razze di polli iper-specializzati nella produzione da carne , ma deboli dal punto di vista genetico, capaci di vivere solo e costantemente in copertura di antibiotici e quindi animali che non esiterebbero senza l’intervento della chimica. E’ utile ricordare che le uniche due ditte al mondo proprietarie dei brevetti di queste razze di superpolli sono multinazionali, la KOB e la ROSS , una americana e l’altra inglese, partecipate da aziende del settore farmaceutico, le stesse che forniscono gli antibiotici e i vaccini! Sono polli con sistemi immunitari fragili e nelle terribili condizioni in cui vengono allevati (decine di migliaia per capannone e centinaia di capannoni nella ristrettezza di poche aree comunali organizzate per distretti produttivi) trasformano i pollai in veri laboratori per la produzioni dei virus. Questi virus, in particolare quelli influenzali, sono ormai endemici in alcune zone del mondo (Veneto, Lombardia, Tailandia, Cina ecc) e replicandosi costantemente appaiono e scompaiono, in forma più o meno patogena, in ogni parte del mondo. Questo fenomeno e il suo livello di allarme furono denunciati, dai movimenti contadini e sociali avversi alla globalizzazione, già a partire dal 1999, in occasione della prima influenza aviaria che scoppiò nel veneto. Come allora, anche oggi, vale la denuncia delle responsabilità del radicarsi del fenomeno dell’influenza aviaria ascrivendola al modello produttivo liberista che ha sotterrato i principi di biosicurezza e biodiversità. Un modello che, sempre e solo nella logica del massimo profitto, ha imposto la concentrazione di allevamenti (nella logica delle grandi economie di scala) in zone ristrette del pianeta creando delle situazioni territoriali, come nel Veneto per l’ Italia, in Paranà per il Brasile, in Thailandia, con una concentrazione spaventosa di animali, anche milioni in pochissimi chilometri quadrati. E’ così che, in questi in luoghi, i virus influenzali diventano endemici e quindi nel tempo, con il loro continuo mutare, pericolosi per gli animali e per l’uomo. Questi modelli di allevamento, danneggiano l’ambiente, distruggono la biodiversità, mettono in pericolo la vita della gente, ma sono anche responsabili della difficoltà di sviluppo ed anche della distruzione di pratiche agricole zootecniche virtuose, in particolare del biologico e di tutte quelle forme di allevamento rispettose dell’ ambiente e degli animali. La decisone di chiudere, come in Olanda, per esempio, tutti i polli dentro i capannoni mette in crisi modelli zootecnici che come il biologico mirano a dare agli animali il contatto con la terra e la natura. Non sono i polli rurali, infatti, allevati dai milioni di piccoli contadini, per autosostentamento o commercio, i responsabili di questo pericolo dell’ influenza aviaria, a bassa od alta patogenicità che sia, ma le potenti lobbyes agroindustriali. I piccoli allevamenti sono già da anni criminalizzati ed additati come nuovi “untori” mentre i responsabili sono grandi gruppi aziendali che continuano a imporre sul mercato insani metodi di allevamento, preparandosi, oltretutto, a chiedere alla collettività (cioè ai cittadini) gli eventuali danni di una futura influenza aviaria per continuare come prima. Il virus dell’influenza aviaria H5 N1, ad alta patogenicità, aggrava il quadro della situazione tanto da orientarla sempre più verso una vera e propria logica di guerra in cui si pretende di fermare le migrazioni degli uccelli e si chiede a gran voce la soppressione di ogni i animale in liberta. Sono milioni di anni che gli uccelli migrano verso le zone più adatte alla riproduzione della specie portando con se virus influenzali con cui gli uomini hanno, con alterne fortune, convissuto, anzi l’uomo ha vissuto benissimo, gli uccelli migratori molto meno. La canea sollevata in questi giorni dalla FAO e dal ministero della salute contro gli uccelli migratori è vergognosa e vuole coprire, addossando ad un evento ciclico naturale, le vere cause del rischio pandemico che corre l’intera umanità con l’influenza aviaria. Come dire che il disastro di New Orleans era inevitabile, non contenibile e umanamente ridimensionabile se le politiche industriali di governi e multinazionali non avessero tolto i finanziamenti per il consolidamento e miglioramento delle dighe che hanno ceduto e se l’ industrializzazione, basata sul concetto della continua sovraproduzione e consumo di beni, non avesse innalzato la percentuale di gas serra in atmosfera e conseguentemente la temperatura terrestre che origina e scatena ogni anno uragani e cataclismi sempre più distruttivi. Occorrono dighe più sicure ma molto di più è necessario, come ben spiegato dall’ ambientalista Giorgio Nebbia, metter mano e in fretta alle cause che hanno generato sia il cambiamento climatico che i pericoli che vengono all’umanità da una pratica agricola e zootecnica che, dopo mucca pazza e polli alla diossina, ha svelato la loro pericolosità sociale. Gli allevamenti europei sono in questo momento indenni dal virus «A H5 N1». L’ultima grande epidemia di influenza aviaria ad alta patogenità risale al ’99, nel Veneto (piu di mille miliardi di danni e 40 milioni di animali morti), ma si trattò di un virus diverso e meno pericoloso rispetto a quello che stà seminando tanta paura attualmente in Asia. Il virus apparso nel 1999 nel Veneto era del tipo «H7 N1»molto meno mutevole dell’ attuale H5 N1 . In Europa, nella primavera del 2003, l’Olanda è stata colpita da un’epidemia di influenza aviaria che ha determinato l’ abbattimento di oltre trenta milioni di volatili. Il virus era un «H7 N7» e ha ucciso un veterinario contagiatosi con il contato diretto con gli animali. Resta da dire che nel Veneto e in Lombardia l’influenza aviaria a bassa patogenita è ormai presente da 6 anni ed è quindi endemica, tenuta sotto “controllo” da un piano demenziale regionale e del ministero della sanità che hanno scelto la vaccinazione degli animali invece di puntare alla eradicazione del problema; hanno mirato a fare coesistere le necessita del bussines e il pericolo. Questo fatto non pone problemi riconducibili alla temuta prossima influenza, ma è un preciso indicatore di come i modelli di allevamento attualmente praticati siano incapaci di controllare l’ insorgere di questi virus e che quindi sono pericolosi per la salute pubblica. Il sistema politico italiano, così come quello europeo, intende affrontare il problema proponendo la prenotazione di milioni di dosi di un possibile, anche se improbabile nei tempi necessari, antivirale per i cittadini (per la sola opzione di prenotazione di 36.000.000 di dosi, in italia, si sono pagati 5 milioni di euro). Sappiamo che la produzione del vaccino è di per se complessa ma in questo caso ancora di più perché i ceppi virali che si ricombinano nella forma poi trasmissibile all’uomo sono mutageni e da isolare per poi avviare la produzione di un antivirale che in ogni caso non assicurerebbe il 100% di protezione. Non è accettabile che per non mettere mano alle cause del problema si scelga la strada di limitare i danni esponendo cittadini ad una e vera e propria lotteria il cui premio è la speranza di non ammalarsi, di non essere soggetti di sofferenze o addirittura morte. E rimane speranza e business invece di scegliere di intervenire sulle cause strutturali originanti il pericolo. E’ chiaro che allora diventa stringente la necessità di aprire un ragionamento che coinvolga sul problema le forze politiche, sociali ed economiche, e che porti ad indicazioni chiare e precise sulle cose da fare per evitare il pericolo di una pandemia incombente; alcuni spunti possiamo avanzarli da subito: · Codificare il numero di animali per Km quadrato stabilendo, in concerto con le regioni province e comuni, un carico zootecnico distribuito a livello nazionale che rispetti regole di biosicurezza; · Varare un piano di rilancio della zooctenia avicola che abbia il suo cuore nella difesa della biodiversità delle specie allevate e nel sostegno di metodi di allevamento rispettosi dell’ambiente e degli animali; · mettere in sicurezza gli allevamenti industriali varando un piano sanitario urgente che oltre all’etichettatura stabilisca regole certe per gli allevanti lasciati oggi alla gestione del “buon cuore” degli industriali del settore; · Ridurre, da subito, almeno del 50 %, gli accasamenti del pollame fino a dicembre e prevederne il blocco nei mesi di più pericolosi, da gennaio a marzo ; · Promuovere in sede nazionale e Comunitaria l’adozione di politiche di controllo reale ed efficace sui sistemi di sicurezza sanitaria e sociale applicati nei paesi terzi, da cui dipendiamo per le importazioni di materie prime o trasformati alimentari, esigendo l’omologazione dei sistemi verso l’ alto per autorizzare l’interscambio di prodotti; · Sostenere da subito con ammortizzatori sociali le aziende che scelgono strategie di riconversione produttiva adottando processi di qualità incentrati sul rispetto dell’ambiente e del benessere animale. Queste semplici regole sono le uniche cose sensate che immediatamente può fare il governo nazionale e regionale a difesa dei cittadini. Il mondo è esposto ad un grande pericolo e noi lo diciamo da anni. Per dare evidenza a questo pericolo, già nel 2000, abbiamo occupato le sale della Borsa Avicola di Verona, Bologna e Cesena, lo abbiamo fatto con un piccola parte di allevatori che avevano coscienza della situazione e volevano cambiare, siamo stati a Genova a socializzare questo problema e a rivendicare in un “altro mondo possibile” modelli produttivi agricoli “altri”. La sovranità alimentare, il ciclo corto, la forza vitale della biodiversità degli animali, delle specie vegetali, il rispetto della biosicurezza, la regolamentazione mondiale della chimica in agricoltura, il bando degli OGM e dei brevetti in natura, la fuoriuscita dal WTO dell’ agricoltura, la gestione comune e pubblica delle risorse naturali come l’ acqua e la terra . Temi che sono e che restano gli elementi centrali della politica di movimenti e di tanta parte del mondo dell’associazionismo ma che vogliono orientare anche l’azione di cambiamento del sistema politico. Pensiamo alla possibilità di gestire diversamente la cosa pubblica come ad esempio è stato fatto in Puglia, dal governatore Vendola, il quale ai coltivatori di pomodori che rischiavano di cadere in una mobilitazione pericolosamente corporativa e senza sbocco alcuno, ha chiesto con forza, in cambio dell’aiuto regionale, una scelta produttiva diversa di quella fin qui attuata. Ciò dimostra che il ruolo delle regioni, in particolare con i piani di sviluppo rurale, può essere centrale per perseguire, seguendo i criteri di econcondizionabilità, gli obbiettivi di metter in sicurezza i modelli produttivi, trasformandoli, da elementi di criticità che sono oggi, a vere fonti di opportunità capaci di dare lavoro sicuro e dignitoso per creare cibo sano e sicuro, nel rispetto degli animali e dell’ambiente. Padova 10/09/2005 Associazione AltrAgricoltura Nord Est Via Monte Sabotino, 26 – 35141 Padova Tel. 049.8710128 – fax 049.8736516 e-mail: altragricoltura@altraricolturanordest.it ---------------------------------------------------------- SCHEDA: Cos’è l’influenza aviaria. L’influenza aviaria è una malattia infettiva dei volatili sostenuta da un virus appartenente alla famiglia degli orthomyxoviridae. I virus influenzali sono classificati, sulla base delle loro caratteristiche antigeniche, in vari tipi (A, B e C) che, a loro volta, si suddividono in vari sottotipi. La virulenza, vale a dire la capacità dell’agente infettivo di provocare nell’ organismo infettato uno stato di malattia, è estremamente variabile e, a seconda del virus in causa, può andare dall’infezione lievissima fino a provocare mortalità elevatissime negli allevamenti avicoli sia al chiuso che all’aperto. L’influenza di tipo «A», suddiviso in 15 diversi sottotipi è molto variabile dal punto di vista genetico. Il sottotipo l’«A H5 N1», che è stato scoperto recentemente, è fra i più pericolosi per la sua patogenità e la sua straordinaria capacità di ricombinarsi e quindi adattarsi al salto di specie (cioè a passare ad altri animali uomo compreso). Il virus H5N1 ha ormai contagiato la popolazione aviaria in tutta l’Asia; secondo fonti dell’ Oms (Organizzazione mondiale della sanità) l’A H5 N1, è instabile e può evolversi fino a raggiungere un alto tasso di patogenicità anche sulle specie umana. La Fao ha spiegato che – rispetto al Vietnam – il virus è apparso più patogenetico in questi mesi in Cina: la sua diffusione nel Qinghai e nello Xinjiang [regioni centro-nord del Paese] e nella Russia siberiana ha ucciso infatti alcune specie di volatili che in un primo momento si erano dimostrate immuni al contagio, non solo, ma ancor più grave è stato dimostrato che questo nuovo virus ha la capacità di fare il salto di specie e quindi passare ai maiali e poi all’uomo. L’Oms dopo i recenti contagi teme che il virus possa passare ad una fase di diretto contagio umano creando i presupposti per una pandemia planetaria . Secondo i dati dell’Oms, ad oggi, sono 55 le vittime accertate dell’ influenza aviaria durante i 2 picchi della malattia che ha colpito dal 2003 ad oggi circa un centinaio di persone in Cina e nel Sud-Est asiatico. La malattia ha colpito, dalla sua comparsa, oltre 100 milioni di volatili ed ha avuto una mortalità pari al 100% nel pollame. Il contagio che avviene attualmente dal contato diretto con animali infettati è letale anche per gli uomini, con una mortalità pari al 54 % nei casi accertati. Shigeru Omi, direttore della sezione Western Pacific dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha dichiarato: “Riguardo all’influenza aviaria, qualsiasi cosa potrebbe accadere. È noto da tempo che i virus responsabili delle pandemie influenzali umane del passato, nel ’57 e nel ’68, e per la Spagnola nel 1918, che causò dai 20 ai 40 milioni di morti, sono stati originati dal riassortimento genico di virus dell’influenza umana e di quella aviaria. Può accadere che se i due virus infettano contemporaneamente la stessa cellula di un maiale e possibile che diano origine a un nuovo virus, con geni rimescolati, capaci di trasmettersi facilmente nella specie umana, come l’ influenza che vediamo ogni anno». Un nuovo agente infettivo dell’influenza, con caratteristiche di alta letalità, tipiche del virus aviario, e di alta contagiosità, tipiche del virus umano, troverebbe la popolazione mondiale indifesa dal punto di vista immunologico. Finora non è stato dimostrato nessun caso di trasmissione del virus «A H5 N1» ricombinato capace di trasmettersi da uomo a uomo per via aerea come normalmente si diffondono le influenze umane. - Il vaccino antinfluenzale generico protegge dall’influenza aviaria? Il vaccino antinfluenzale per essere efficace deve essere del medesimo tipo che provoca l’infezione. Il processo di produzione di un vaccino influenzale prevede questi passaggi obbligati, primo individuazione del tipo di virus, secondo il suo isolamento (ciò può avvenire soltanto in presenza di una conclamazione del contagio nella specie umana), terzo la sua riproduzione in laboratorio e poi lo sviluppo del vaccino, successivamente i test obbligatori e dopo la distribuzione. Nel caso di questo virus«A H5 N1 ricombinato (cioe trasmissibile all’uomo) di cui si sta tanto parlando in questi giorni, al momento, non esiste in forma conclamata in nessuna parte del mondo, per quanto è dato sapere, almeno che, nel segreto piu assoluto, in Cina o in Vietnam (SARS insegna ) non sia già comparsa la mutazione temuta del virus H5N1 e sia già in atto una epidemia influenzale che si trasmette da uomo a uomo, allora e solo allora, si potrebbe isolare il virus e fare i vaccini. Comunque in mancanza di una situazione di contagio manifesto fra essere umani non è possibile isolare il virus e quindi non è possibile fare il vaccino. - Il ministro Storace ne ha ordinato 35.000.000 di dosi? Sarebbe interessante sapere che vaccino ha ordinato il ministro, nel senso che rischiamo in mancanza del rispetto della sequenza prima descritta, di fare un vaccino inutile e che questi 35.000.000 di vaccini non servano assolutamente a niente, se non, come pensa qualche maligno a far incassare alle ditte farmaceutiche una straordinaria quantità di euro, ma purtroppo senza beneficio alcuno per i cittadini. Rimane sempre il problema che il Ministro Storace deve anche dire chi sono i 35.000.000 di italiani che non verranno vaccinati. Forse di questo il ministro della Sanità dovrebbe riferire in parlamento. - Oltre ai vaccini cosa offe la medicina per l’uomo? Gli unici farmaci che si possono utilizzare sono gli antivirali normalmente impiegati per curare l’influenza stagionale. - È rischioso mangiare pollame o uccelli ammalati? Non c’è nessuna evidenza scientifica che consumare carne di pollo cucinata possa costituire un veicolo di trasmissione. Il virus temuti sono quelli che si trasmettono per via respiratoria. - E allora come mai l’Italia e l’Europa hanno bandito la carne di pollo tailandese? Per estrema precauzione, ma anche per facilitare il blocco di importazioni delle carni dal sud del mondo e per dare un po di respiro alla zooctenia avicola europea e italiana dei potenti gruppi come la nostra AIA di Verona e la DUX Francese sotto schiaffo dalle produzioni del sud del mondo Tailandese e Brasiliana in particolare.Le importazioni estremamente vantaggiose che hanno ormai conquistato il settore del prodotto congelato (il catering in particolare) sono di un prodotto uguale a quello europee trattandosi della stessa razza di polli e dello stesso modello di allevamento.


lunedì 12 settembre 2005


 
News

Nuova protesta degli agricoltori a Bruxelles, 250 trattori intorno alle sedi Ue. Roghi davanti all’Eurocamera: polizia usa idranti e lacrimogeni.
Circa 250 trattori hanno bloccano le strade principali del quartiere delle istituzioni Ue a Bruxelles chiamati a manifestare da Fugea, dalla Federazione dei Giovani Agricoltori (FJA), dalla Federazione Vallone dell’Agricoltura ( Fwa), dalla Rete di sostegno all’agricoltura contadina (RéSAP) e dal Coordinamento europeo. >>



Gates e Zuckerberg puntano sull'agricoltura: "Cibo vero solo per ricchi"
Altro che carne sintetica e dieta vegetale. I grandi imprenditori dei Big Data sembrano andare proprio nella direzione opposta. Mentre, infatti, la sostenibilità planetaria spinge le economie a orientarsi verso la produzione di cibo sintetico, loro investono su terreni agricoli e sulla produzione di carne tradizionale di altissima qualità. E naturalmente altissimi costi e ricavi. >>



FPP2 GRATIS, ANNUNCIO DI BIDEN, COSA ASPETTA DRAGHI?
Il presidente USA Biden, raccogliendo la richiesta che da tempo avanza Bernie Sanders, ha annunciato che gli Stati Uniti forniranno mascherine ffp2 gratis ai cittadini. >>