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Quando un Big Mac Menù costa quanto un’ora di lavoro.

Un approfondimento sulle lotte nei fast-food in America a cura di LENORA HANSON Intervista a CHRIS LEAVELL Chris Leavell è uno dei lavoratori McDonald’s impegnato nella lotta per migliori condizioni salariali e di lavoro nei fast-food negli Stati Uniti. Nelle scorse settimane, il movimento Fight For 15 ha dato vita a scioperi e picchetti in molte città americane. Chris Leavell, 24 anni di Indianapolis (IN), lavora nel settore da circa dieci anni, da cinque mesi in uno dei numerosi McDonald’s della capitale dell’Indiana, nel mid-west americano. In questa intervista descrive le condizioni di lavoro e le ragioni della lotta a partire dalla sua dirette e personale esperienza.

All’inizio ho frequentato per qualche tempo una scuola culinaria. Poi, ho cominciato a lavorare e da cinque o sei anni lavoro nelle cucine come lavapiatti, cassiere, addetto al servizio di assistenza, o portando fuori la spazzatura. Adesso, nel McDonald’s, lavoro circa trentaquattro o trentacinque ore alla settimana, con una paga di 7,75 dollari all’ora. È un lavoro duro. Non ci sono molti giorni liberi, di solito uno a settimana. In certi momenti è molto dura, non vorrei farlo ma devo muovermi e farlo. Devo fare tutto quello che mi diranno di fare per le successive sette o otto ore fino in fondo alla giornata. Ma, nonostante tutto ho avuto anche lavori peggiori.La paga è bassa e tra i miei colleghi, molti hanno un secondo lavoro. Io però no. Avere un altro lavoro aiuterebbe sul piano economico ma io voglio avere il tempo per costruirmi un altro lavoro. Voglio iniziare un’attività mia. Nel corso di questi dieci anni in cui ha lavorato nei fast-food, quanto e come è cambiata la tua paga? Beh, adesso sono arrivato a guadagnare 7,75 dollari l’ora. Sono partito guadagnandone 7,25, quando ho avuto il mio primo lavoro a diciassette o diciotto anni. Dovevo fare un po’ di tutto: dal servizio ai clienti al lavoro al computer, fino al controllo delle vendite al dettaglio o all’ingrosso. Posso solo dire che devi faticare per tenerti il tuo lavoro. Anche adesso, dopo tutti questi anni il lavoro continua a essere duro. Mettiamola così. Entro abitualmente per il turno a mezzogiorno, mi occupo del servizio alla clientela, tengo il registro di cassa, sto in piedi per ore, passando la maggior parte del tempo a pulire, e nel frattempo mantengo una faccia felice durante tutta la giornata. Sto in piedi la maggior parte del tempo a pulire e servire i clienti, ecco tutto. Puoi fare pause? A volte non si fanno pause. Le attuali condizioni di lavoro non ce lo permettono. Fare una pausa vuol dire rinunciare a trenta minuti di lavoro in busta paga, e io non voglio farlo, voglio portarmi il cibo a casa. La verità è che con i pochi soldi che guadagniamo non possiamo permetterci pause. Come hai iniziato a partecipare al movimento Fight for 15? Mi ha coinvolto un collega da McDonald’s. Ne ho sentito parlare, ho compreso, perché ne faccio esperienza ogni giorni, i problemi e le sofferenze che portavano i lavoratori a protestare e ho aderito. Ho seguito la cosa e ho dato prova di essere un buon militante, sono anche stato arrestato durante un picchetto. Sono orgoglioso di ciò che ho fatto e sto facendo perché le persone hanno bisogno di lottare per un salario più alto. Non dico soltanto che la paga di tutti dovrebbe aumentare fino a 15 dollari l’ora, ma soprattutto che se lotti per una paga più alta, ottieni qualcosa invece di niente. E penso che nei prossimi giorni, mesi, magari anni, la paga alla fine aumenterà, si otterrà una paga più alta perché la gente sta finalmente prendendo parola. Le nostre condizioni di lavoro non sono più un mistero adesso che ci stiamo mobilitando. Siamo là fuori, tutti ci vedono. Vogliamo un salario più alto, devono pagarci di più così che possiamo soddisfare le esigenze nostre e delle nostre famiglie. In questo sistema economico e produttivo, ci sono persone che guadagnano molto più di noi. Anche noi dobbiamo poter guadagnare di più anche se questo non sembra immediatamente possibile. Dobbiamo allora continuare a spingere. Anche se, poi, nessuno di noi vuole lavorare in un fast-food, tutti i giorni, per tutta la vita. Tuttavia, migliorare le condizioni di lavoro nei fast-food può contribuire a migliorare le condizioni di lavoro anche in altri settori low-wage.

Cosa credi abbia spinto i lavoratori a reagire e a fare resistenza? Cos’è che fa si che vi uniate, facendo cose che non sono state fatte prima? Questo è davvero importante. Beh, ti parlerò chiaro, perché è arrivato per me il momento di farlo. C’era un’opportunità e io dovevo saltare sul carro. Ne ho sentito il bisogno. Non potevo rimanere senza fare niente. Sono un lavoratore low-wage, quindi so, conosco la sofferenza e ho capito che, a volte, devi tentare di cambiare le regole del gioco Quindi suona un po’ come, cambiamo le regole del gioco nei confronti di quelli che sono abituati a pagare i lavoratori con stipendi schifosi? Sì! Dobbiamo cambiare le regole del gioco. Una paga da 7,25 dollari non è giusta. Su quei contratti, dovrebbe esserci scritto almeno 9,25, non meno. Perché ora come ora paghi un Big Mac Menù 6,50 dollari. Che roba è? La gente guadagna 7 dollari e qualcosa. Non c'è altro da aggiungere. Ed è per questo che sono iniziati gli scioperi … cos’è successo fuori dal McDonald’s in cui lavori? Abbiamo protestato, perché, come ho detto, credo che sia possibile un aumento salariale. Quindi ho lasciato il mio posto di lavoro e sono andato fuori per prendere parte all’azione. Il nostro slogan era “Vogliamo 15, vogliamo 15, vogliamo 15!”. Io ero in prima fila. Quante persone c’erano? Più di cinquanta. Ci siamo mossi bene. E abbiamo mostrato alla gente, ai manager, ai lavoratori di McDonald’s che facevamo sul serio, che ci facevamo sentire perché ne sentiamo il bisogno. Sono venuti fuori per capire meglio cosa stesse succedendo, non è una cosa comune, non si era mai visto un picchetto davanti a un McDonald’s. Nessuno fa cose di questo genere da queste parti. Ho fatto un video che ho poi pubblicato su Facebook, per far vedere al mondo che ci siamo e che vogliamo più soldi. Il video si chiama "Fight for 15". Avevamo cartelloni, volantini, e grosse bandiere. Quel giorno siamo scesi in strada per esprimere, in modo netto, la nostra posizione. È sorprendente quello che sta succedendo perché, come hai detto tu, solitamente nessuno fa niente del genere. Cosa credi vi faccia sentire in grado di farlo? Ho il diritto di parola e ho il diritto di opporre resistenza. Tutto qui. Eri preoccupato per la possibilità di essere arrestato? Avevi deciso in anticipo che avresti agito in quel modo? No, non ero nervoso perché ero motivato, non avevo paura. Ero irrequieto, teso. Ma sapevo benissimo cosa stavamo per fare. Hai pensato che avresti perso il lavoro? No, non ho pensato che avrei perso il mio lavoro, perché abbiamo una comunità forte e non ci succederà niente. Abbiamo forti convinzioni quindi continueremo a battere su questa strada. Sarà una lotta lunga, si tratta di un processo a lungo termine e io ci sono. Quindi la collettività a Indianapolis sostiene la vostra lotta? C’è stato, da parte della città un supporto forte, che sta crescendo. Indianapolis è molto attenta e coinvolta in questa lotta. Non pensavo che in questa città sarebbe potuto succedere qualcosa di simile. Ma ora mi rendo conto del fatto che abbiamo aperto una strada, una possibilità. L’attenzione e il supporto crescono nel tempo. É un fenomeno progressivo e che continuerà a crescere nei prossimi mesi, interessando sempre più Stati e coinvolgendo altre persone con i loro differenti e specifici bisogni. Ci sono tante persone nella nostra stessa situazione anche in altri Stati e in altri settori produttivi. Credi che la lotta sia producendo un cambiamento anche tra i lavoratori coinvolti? C’è un cambiamento in corso sul nostro posto di lavoro. Ne sono testimone, ci sono dentro, sta crescendo, e continuerà a crescere.Sempre più lavoratori sono disposti a mettersi in gioco. Ma è un processo lungo. Ci sono controversie tra voi colleghi? Sì ce ne sono. Ci sono persone che non vogliono aderire alla lotta. Ho sentito un sacco di discorsi stereotipati, tipo che se scioperiamo perdiamo il lavoro o roba simile, oppure che entreranno nel nostro conto corrente e prenderanno tutti i soldi. Credimi, ho lavorato lì e in tanti altri posti, e le persone non capiscono finché non passi all’azione. Sono quindi convinto che li tireremo dentro. Loro ancora non lo sanno ma hanno bisogno di noi tanto quanto noi abbiamo bisogno di loro. Cosa rispondi quando ti dicono così? Gli dico che bisogna svegliarsi! Le persone sono preoccupate, non sono subito disposte a mettersi in gioco e unirsi alla lotta, e quindi vanno convinte. Sanno che hanno bisogno di più soldi, lo sanno bene. Ma bisogna fargli sapere che non sono soli, che c’è qualcuno pronto a sposare la loro lotta, e con questi elementi provare a convincerli. Bisogna mostrargli che siamo tutti nella stessa situazione. Qualche giorno fa qualcuno al supermercato mi ha chiesto se davvero pensassi che con la lotta avrei ottenuto un aumento. Io ho risposto di sì, lo credo fermamente. E quando prenderemo l’aumento, sarà un aumento per tutti. In questo modo tutti capiranno che è possibile avere una ricompensa per la lotta che stiamo portando avanti. Sto anche creando un sito internet per Fight for 15. Stai dicendo che pensi che lo sciopero sia anche uno strumento per mostrare a tutti i lavoratori, anche quelli che non scioperano, che c’è il supporto di un movimento, della collettività e del sindacato? Sì. Comprendere questo ha cambiato l’opinione di molti. I telegiornali hanno parlato di noi, le persone mi vedono in giro e mi dicono: amico, ti ho visto su internet, o in televisione. È come se fossi famoso o qualcosa di simile. Adesso che siamo là fuori in tanti hanno imparato a riconoscere la nostra lotta e tanti lavoratori hanno più fiducia e sono maggiormente disposti a scioperare. Che si può fare per sostenere la lotta e far crescere il movimento? Dobbiamo coinvolgere più lavoratori. Lavoratori che sono nella stessa situazione e prendono la stessa paga. Quelli a cui servono tre lavori differenti per guadagnare quel tanto che serve per dare da mangiare ai propri figli. Quindi si può dire che il successo di questo percorso dipende principalmente dalla fiducia dei lavoratori l’una nei confronti dell’altro? Sì, dobbiamo stare insieme come una squadra e dare la caccia coloro che sono al comando, perché loro fanno milioni di dollari mentre noi prendiamo solo il 10%. A noi arriva troppo poco. Dove vanno a finire tutti questi soldi? Possiamo prendercene una fetta! Ci saranno ancora azioni di questo tipo a Indianapolis? Sì, di fronte ad altri McDonald’s. Ne sono sicuro. E tutto ciò comincerà anche in altre città e in altri Stati che non sono stati ancora coinvolti. Devono esserci più persone pronte a credere che se condividiamo una condizione di vita e il bisogno di guadagnare di più, allora c’è bisogno di alzare la testa per produrre il cambiamento. La maggior parte delle persone ora come ora vive alla giornata pensando che la loro soddisfazione provenga da quello che fanno, ma la vera soddisfazione viene da quello che si vuole veramente.

----------------------------- Intervista a WILL JONES Will Jones, studioso della razza e del lavoro nel XX secolo, insegna Storia all'Università del Wisconsin-Madison. Autore di un libro sui lavoratori afro-americani impiegati nell’industria del Sud nei primi anni del XX secolo e uno sulla storia della " March on Washington" per i diritti civili negli anni '60, lavora oggi sulla sindacalizzazione nel settore pubblico negli Stati Uniti. La sua riflessione partire dagli anni ’30 per arrivare al presente. In questa intervista, riflettendo sulla lotta nei fast-food traccia un quadro complessivo dell’andamento storico del sindacato in America. La mia prima domanda è di contesto. Cosa ci puoi dire in merito alla storia recente dell’organizzazione delle lotte nel settore dei fast-food e alle strutture organizzative a questo associate? Quali gruppi sono stati inizialmente coinvolti e come sono cambiate le cose nel tempo, in particolare con il coinvolgimento del SIEIU, il sindacato internazionale dei lavoratori nei servizi (Service Employees International Union)? Beh, direi che la prima fase organizzativa è stata caratterizzata dalla presenza di gruppi più piccoli. Gli Industrial Workers of the World (IWW) avevano organizzato una serie di Starbucks e di altre catene come esito di uno sforzo più complessivo di organizzare il lavoro nelle librerie, e non, nello specifico, nelle grandi catene commerciali.Tuttavia, penso che l’ attenzione dei media alle lotte nei fast-food e l'organizzazione di una campagna nazionale si è data soprattutto con l’intervento del SEIU, che si è molto impegnato a sostegno di queste lotte e per estenderle a catene commerciali della ristoranti di massa come McDonald e Burger King. Il cambiamento è stato, io credo, soprattutto, in merito alle risorse a disposizione della lotta. Il SEIU è il più grande sindacato del paese e ha a disposizione moltissime risorse di vario tipo. É anche il sindacato che ha a lungo provato a seguire la radicale trasformazione dell'economia americana che vedeva l'aumento degli addetti al settore dei servizi e del lavoro al dettaglio e il calo dell'occupazione nel settore manifatturiero e nell'industria pesante, vera base di sindacalizzazione fino agli anni 1970. È all’interno di questo processo e di questa riflessione interna che il SEIU, io credo, si sia interessato alle lotte in questo settore. Puoi dirci qualcosa di più sull'impatto che questa transizione dalla produzione di massa ad un'economia dei servizio ha avuto sulla sindacalizzazione? Per molto tempo in realtà gli sforzi per organizzare questo particolare settore dei servizi di vendita al dettaglio sono stati molti limitati. C'era un’organizzazione dei lavoratori dei servizi che ebbe un discreto successo nei primi anni '50, soprattutto nel settore sanitario e tra i lavoratori ospedalieri. Ma il settore privato della vendita al dettaglio non era mai stato organizzato. O quanto meno, non proprio o non completamente. Ci sono state esperienze di organizzazione nei negozi, nei depositi e, in alcune città come New York e San Francisco, sono stati sindacalizzate piccole farmacie e negozi alimentari. C’era quindi qualcosa. Ma con la rapida crescita di catene commerciali di vendita al dettaglio negli anni '70 e '80 non c'è stato un vero sforzo per organizzare questi lavoratori. In parte perché non si trattava dei settori industriali organizzati in precedenza, così che i grandi sindacati industriali si sono concentrati nel mantenere la propria membership e nel gestire i profondi cambiamenti che interessavano il settore. Molto del lavoro organizzativo nel settore dei servizi era stato fatto da sindacati relativamente piccoli che aveva meno risorse. Le cose sono poi cambiate quando il SEIU ha ottenuto importanti successi nel settore sanitario, e in una certa misura nel settore ospedaliero, e soprattutto tra i lavoratori delle pulizie nel settore alberghiero. In quest’ultimo settore il lavoro del SEIU è decollato nel corso degli anni ’80.E, a partire da qui, nel corso degli anni ’90 il SEIU è emerso come il più grande e uno dei più potenti sindacati negli Stati Uniti. Questo gli ha permesso di cominciare a spostarsi in altri settori fino a quel momento trascurati. Penso che abbiamo quello dei fast-food come un settore ancora vergine con una enorme forza lavoro e con una capacità molto scarsa di determinare i salari e le condizioni di lavoro. Quindi un settore con un enorme bisogno di essere sindacalizzato, un bisogno in rapida ascesa non solo qui negli Stati Uniti, ma, rispetto ad aziende come McDonald’s, a livello internazionale. C'è stato un cambiamento nelle tattiche e negli obiettivi con il passaggio, nel settore, dagli IWW al modello SEIU? Che impatto ciò ha avuto sui concreti sforzi organizzativi e sugli obiettivi? Si tratta di istituzioni molto, molto diverse. L'IWW è un'organizzazione sindacale che non è affiliata con l'AFL-CIO e che, almeno storicamente, non opera in cose come questa. Storicamente non hanno mai nemmeno sottoscritto contratti. Si rifanno all’azione diretta giorno per giorno come base per il potere della classe operaia, nel senso che non credono nella costruzione di contratti a lungo termine e di accordi. Operano cioè su una base molto diversa dal SEIU. Il SEIU è in realtà un sindacato molto tradizionale, che nasce dalla spaccatura storica del movimento operaio americano tra i sindacati industriali, raggruppati negli anni ’30 intorno al CIO, e tendeva ad essere un sindacato molto più attento alle differenze razziali e di genere, molto più militante e politicamente radicale, Molti dei suoi membri erano alleati con il Partito comunista, quasi tutti avevano avuto rapporti significativi con i socialisti. Era cioè l'ala sinistra del movimento operaio. Il SEIU esce dalla AFL, la Federazione Americana del Lavoro, che è tradizionalmente l’ala più conservatrice del sindacato, con una componente prevalentemente maschile. All'interno dell’AFL ci sono sindacati, che hanno una storia anche abbastanza recente di esclusivismo razziale. E così il SEIU con un po' di fortuna, a partir dagli anni '60 e '70, ha avuto una rapida crescita, diventando un sindacato con grande diversificazione dal punto di vita razziale. Negli anni '60 la maggior parte dei nuovi membri erano afro-americani del settore sanitario, negli anni '80 e '90 ha avuto un grande successo nell'organizzazione di lavoratori immigrati, molti dei quali provenienti dall’Americana latina o centrale che lavoravano nel settore delle costruzione e nell’industria alberghiera. Così è diventato un sindacato incredibilmente vario. Il suo presidente attuale è una donna cosa che all'interno del movimento operaio americano è ancora un tratto distintivo, che ci crediate o no. Quindi è un sindacato complesso, ma non viene da una storia di radicalismo. Nel senso che per il SEIU l'organizzazione era finalizzato non solo a ottenere i contratti, ma a cambiare le leggi e avere influenza sulle elezioni politiche, cose che l'IWW non avrebbero mai considerato parte della propria agenda. Il SEIU è anche una grande istituzione e come istituzione ha posto maggiore attenzione alla costruzione della sua membership che non alla democrazia interna. Cosa totalmente diversa e quasi opposta all’IWW, che è un'istituzione totalmente o radicalmente decentrata. Io penso che ci siano punti di forza e debolezze in entrambi gli approcci, voglio dire, il SEIU ha una quantità incredibile di risorse che esso può indirizzare verso questa lotta, ha la statura politica, ha l'ascolto del presidente e di molte persone nel Congresso, che sono cose che fanno la differenza. Ma allo stesso tempo non ha fatto della costruzione di una organizzazione interna su basi democratica un punto della sua agenda. Quello che dicevi sull'evoluzione delle leggi si collega a un’altra mia domanda che riguarda il modo di pensare il ritorno all’azione diretta assente da molto tempo sul almeno rispetto al mondo del lavoro. Come possiamo spiegare questo ritorno?Cosa ha permesso a lotte che si rifanno a un’idea dell’azione diretta di ottenere grande attenzione mediatica - anche se non ancora vittorie reali? E inoltre, possiamo fare una diagnosi di questi scioperi? Sono politici, economici o, c’è una confusione tra i due aspetti? Penso che l'attivismo nel mondo del lavoro faccia sempre questa confusione. Non credo che ci sia mai stato un periodo in cui non è successo. Penso che un cosa che è importante tenere a mente è che questi scioperi e queste strategie molto esplicitamente emergono in un periodo in cui le protezioni legali per le organizzazioni sindacali sono praticamente inesistenti. Voglio dire, esistono per iscritto, ma la burocrazia del National Labor Relations Board (NLRB) e anche le leggi che proteggono il diritto di organizzare e formare sindacati, e la contrattazione collettiva sono stati ridotti al punto in cui i lavoratori, e in particolare i lavoratori a basso salario, non hanno in realtà alcuna protezione quando vanno in sciopero o quando formano un sindacato. E così, come risultato, i sindacati mi pare siano stati molto attenti nello sviluppo di strategie come l'azione diretta che può essere molto dirompente e permette di guadagnare un sacco di attenzione mediatica e non solo, ma allo stesso tempo provare a non mettere i lavoratori o tutti i lavoratori a rischio di perdere il lavoro, che, in assenza di tutele legali, è quasi una certezza. E queste sono le strategie che il SEIU ha effettivamente sviluppato negli anni '80 organizzando con successo i lavoratori delle pulizie a Los Angeles. La maggior parte di tale forza lavoro era composta da immigrati clandestini, completamente vulnerabili e il SEIU ha dovuto capire come organizzarli tutelandoli, ma anche come creare uno caso pubblico per la presenza di una forza lavoro così precaria nel bel mezzo di una città ricca, lavoratori sfruttati e sottopagati impiegati da grandi Corporation incredibilmente ricche.E, all’inizio c’era davvero poca consapevolezza dell’esistenza di tali lavoratori. Così la domanda è stata: come fare breccia nella consapevolezza collettiva senza creare una situazione per cui questi lavoratori e lavoratrici potessero essere arrestati e deportati? E quello che hanno fatto, io credo, abbia rotto la linea di demarcazione tra uno sciopero e una protesta.Molte organizzazioni come Justice for Janitors sono molto simili a quello che sta accadendo nei fast-food, dove ci sono scioperi che sono in realtà una sorta di grandi proteste in cui è possibile avere un sacco di sostenitori e coinvolgere i pochi lavoratori che, per tutta una serie di motivi – cioè il rischio di perdere il posto di lavoro, o in questo caso di essere deportati – sono disposti o in grado partecipare a una situazione in cui non sono i soli ad essere in prima linea. Una cosa molto diversa dal chiedere a questi lavoratori delle pulizie di sfilare fuori dal loro posto di lavoro. Questa strategia è stata sviluppata e perfezionata da persone del SEIU anche negli scioperi dei fast-food che presentano una situazione molto simile. Ci sono moltissimi immigrati privi di documenti, ma ci sono anche persone che sono semplicemente molto vulnerabili. Tecnicamente hanno tutti il diritto di scioperare, è illegale licenziare chi sciopera o aderisce a un sindacato, ma sappiamo che poi nei fatti non è così. Se vengono licenziati possono, per legge, fare causa, ma questa rischia di durare 20 anni e, per la violazione dei diritti prevista dalla negoziazione collettiva dei contratti, è previsto solo il reintegro o talvolta il rimborso dei salari. Ma anche in quel caso, si tratta di salari che avrebbero pagato comunque. In questo modo è stato distrutto il sindacato. E oggi i sindacati sono in una posizione in cui devono concretamente trovare il modo per organizzare i lavoratori in un contesto dove non sono previste protezioni legali. Sembra che in questa più recente ondata di scioperi nei fast-food la strategia dell’azione diretta/protesta ha espresso una maggiore spinta a sfidare la polizia fino a farsi arrestare e, in ogni caso, un maggior numero di persone sono state arrestate. Sono state arrestate anche persone che non erano lavoratori di fast-food. A Milwaukee è stata arrestata la Congresswomen Gwen Moore, e quando ad essere arrestata è, come in questo caso, una persona che gode di specifiche garanzie e protezione la cosa può davvero essere efficace.Un sacco di persone che sono state arrestate erano lavoratori di fast-food, un sacco di gente che marciava erano lavoratori di fast-food, e ci sono stati alcuni casi di persone che protestavano appena fuori dal loro posto di lavoro, che è una situazione molto rischiosa dato che si tratta soprattutto di lavoratori delle pulizie, persone che non hanno reali opportunità di lavoro alternative, e stanno quindi davvero rischiando la propria vita e la possibilità di sostenere le proprie famiglie. Eppure ci sono state persone che l’hanno fatto. Ma tra chi protestava c’erano soprattutto persone che erano lì per dimostrare solidarietà proprio a partire dal fatto che sapevano di non correre alcun rischio personale. In ogni caso, penso che sia stato molto importante ed efficace creare una situazione di azione diretta intorno alle questioni dei salari e dell’occupazione. E i sondaggi indicano che nell’opinione pubblica ci sono alti livelli di solidarietà con queste lotte. In un modo che è stato veramente efficace a livello politico più ampio è stato sollevato il problema del lavoro salariato sottopagato e la questione del lavoro precario. E credo che, in qualche modo, fosse questa la vera intenzione della protesta che è davvero riuscita a influenzare il dibattito politico. Sembra che una delle cose più potenti nello sciopero dei fast-food, indipendente dalla costruzione di un sindacato, è il modo in cui viene proposto e formulato il discorso sulla precarietà. Si possono elencare numerosi modi per indicare come il lavoro precario produce ostacoli per l'organizzazione, compreso che le persone spesso non sono nello stesso posto per un tempo abbastanza lungo, che non hanno garanzie sul lavoro, che sono precari in ogni aspetto della vita. Per molto tempo il discorso sulla precarietà si è declinato come impossibilità di intervenire. Sembra tuttavia che le azioni e l’attenzione pubblicità sugli scioperi nei fast-food abbia spostato questo discorso aprendo la possibilità di costruire spazi di solidarietà e ambiti di reale cambiamento, a partire da un profondo cambiamento discorsivo. Penso che sia proprio vero. E penso che la politicità espressa da proteste di massa, soprattutto in un paese che non ha una storia forte di quel tipo, è davvero profonda. Certo, se si guarda la situazione da fuori gli Stati Uniti, ci si chiede qual è la grande novità ma nella storia degli stati uniti questa è davvero una grande novità. Qual è l'efficacia e il ruolo di questi scioperi in un'epoca che, come alcuni hanno sostenuto, non è più dominata dall’operaio massa? Si tende generalmente ad associare lo sciopero di massa con l'operaio massa per tutta una serie di ragioni geografiche e spaziali, ma cosa possiamo dire sull’attuale rivitalizzazione degli scioperi? Mostrano forse la possibilità di vedere nei fast-food un ambito del lavoratore di massa? Credo di essere un po’ scettico rispetto a questa narrazione storica. Penso che possiamo guardare indietro ad un periodo in cui gli scioperi sono stati più diffusi anche all’interno di un diverso contesto legale. Le ondate di scioperi più grandi che abbiamo visto sono avvenute in tempi in cui le leggi federali sul lavoro erano davvero una garanzia per chi scioperava o quanto meno erano sostenute da un discorso politico che incoraggiava i lavoratori a pensare che sarebbero stati protetti. Dopo la seconda guerra mondiale e negli anni ‘50, quando gli scioperi erano molto più comuni di oggi, era in realtà illegale licenziare qualcuno perché scioperava e molti sono stati condannati per questo. Oggi non è più così. In quegli anni c’erano sindacati molto grandi e molto potenti, ben radicati nel comparto produttivo, ben costruiti e collegati politicamente che hanno potuto agire in modo efficace. Nei periodi precedenti era stato così solo in modo sporadico. Nel 1934 e, prima, durante la prima guerra mondiale, c’erano state ondate di scioperi di breve durata che non sempre sono state in grado di portare significativi cambiamenti nei rapporti di potere tra le classi. Quindi sono scettico sull'idea che siamo entrati in un periodo in cui le cose cambieranno profondamente.É vero però che abbiamo visto cambiamenti nel sistema di protezioni che sono importanti e cambiamenti importanti nel settore industriale. Ci sono alcuni casi in cui è molto difficile trovare grandi gruppi di lavoratori concentrati in un unico posto di lavoro. Che è poi lo stesso argomento usato a proposito della prima industria, quando si diceva che i lavoratori industriali avevano perso la loro base comunitaria, che erano etnicamente e razzialmente troppo diversificati per trovare qualsiasi forma di solidarietà, che erano precari, che potevano essere licenziati in qualsiasi momento. Ma nonostante questo, si sa, è cresciuto un grande movimento sindacale industriale. Non sto dicendo che sta per accadere di nuovo, ma non escludo la concreta possibilità di costruire realmente un movimento in questo settore. La mia sensazione è che la grande spinta nel movimento del fast-food stia nella prospettiva di stabilire un salario minimo di una certa rilevanza e consistenza. Ma penso anche che rifletta la necessità e l’importanza delle protezioni legali non solo per migliorare la vita delle persone, ma anche per creare una situazione che possa attutire alcuni aspetti della precarietà. Cosa vedi all’orizzonte per questo progetto di organizzazione e lotta in particolare nei fast-food? Hai detto che il SEIU è un sindacato interessato alla sindacalizzazione di nuovi settori, anche se questo non è il suo obiettivo primario, e che si batte per l'aumento del salario minimo. Allo stesso tempo, abbiamo questa energia che s sta sprigionando dall’azione diretta e dalla protesta, che non è direttamente legata a al salario minimo, ma sicuramente mossa da questo. C’è quindi l’aspetto della sindacalizzazione, il desiderio di aumentare i salari, ma anche quello che sembra essere un eccitamento parzialmente autonomo rispetto all'azione diretta. Cosa ne pensi di una tale costellazione di elementi diversi? Parla forse di un nuovo modo di pensare la sindacalizzazione o di un nuovo movimento operaio che non corrisponde più all’idea di costruire il sindacato in un modo tradizionale? Credo che una cosa davvero significativa, e che incornicia davvero la questione, è che per molto tempo i sindacati negli Stati Uniti sono stati di fronte dal paradosso che i loro membri erano relativamente privilegiati all'interno della società. Essi avevano accesso a salari e benefici che sono sempre meno garantiti alla maggioranza della forza lavoro. Quindi, a partire dagli anni ’60, la domanda è stata: si tenta di proteggere ciò che i membri attuali hanno, che è una cosa molto importante, o si va fuori e si organizzano le altre persone? I sindacati hanno dato risposte diverse a questa domanda. Ma credo questo abbia fondamentalmente significato: organizzeremo altri lavoratori, lavoratori che non hanno diritti sindacali e possibilità di organizzarsi sul posto di lavoro e lo faremo in un modo che potrà sembrare ai nostri membri diverso da come facciamo solitamente. É stato così simbolicamente proiettato un messaggio di solidarietà che ha riguardato i sindacati negli Stati Uniti, o la maggior parte dei sindacati, solo per un periodo limitato. Ma che avrebbe potuto, almeno potenzialmente, contrastare il rapido declino del sindacato nella percezione pubblica degli ultimi 30 anni, proponendo l’idea di un sindacato che non si interessa solo di una élite di lavoratori ma che si preoccupa realmente della stragrande maggioranza della forza lavoro. Quindi non è possibile dare una risposta alla tua domanda ma è certo che si è espresso un senso molto più ampio di solidarietà, e che oggi con la lotta nei fast-food il movimento sindacale si trova schierato dalla parte della classe operaia, e in contrapposizione ai membri del sindacato. E sembra esserci in questo spostamento il potenziale per modificare la composizione dei sindacati. Credi possibile un processo che a partire da qui modifichi la struttura del sindacalismo in qualcosa di più democratico? Può una composizione più eterogenea dello stesso sindacato funzionare in tal senso? Non sono ottimista. Potrebbe succedere, ma non credo che accadrà. In parte a causa del modo in cui il SEIU è organizzato e poi perché non credo che quella della democratizzazione sia una loro priorità. Sanno di avere nelle mani un sindacato grande e potente, forse nonostante il fatto o proprio perché è un sindacato centralizzato, cioè ha la capacità di fare cose che un sindacato democratico o un'organizzazione organizzata orizzontalmente non potrebbero fare. Il SEIU ha mostrato la capacità di acquisire membri tra loro incredibilmente eterogeneo senza cambiare strutturalmente. É quello che sta accadendo da 50 anni a questa parte con il SEIU che cresce nella eterogeneità interna ma rimane un un’organizzazione gerarchica. Forse uno degli aspetti più progressisti degli scioperi nei fast-food potrebbero essere le relazioni che si costruiscono, le persone hanno parlato di come sia importante per il movimento che si stiano mobilitando i sindacati a fianco delle organizzazioni comunitarie e religiose ... Sì, e penso che l'effetto politico più ampio è proprio quello di coinvolgere le organizzazioni che non pensano necessariamente molto ai lavoratori, o anche le organizzazioni dei lavoratori che non hanno fatto lavoro organizzativo sul posto di lavoro o lottato per i salari e i diritti delle persone. Da questo coinvolgimento ampio scaturisce un dialogo e un sentimento di unità tra le persone che è potenzialmente progressivo. Quale solidarietà è possibile tra i lavoratori dei fast-food e altri lavoratori low-wage?Una delle cose che ho in mente nel porre questa domanda è che non ho ancora sentito nulla circa la possibilità di un avvicinamento tra Fight for 15 e le università, anche se le università sono luoghi di lavoro low-wage e le compagnie private di fast-food si sono ormai trasferite in modo massiccio nelle università. Sei a conoscenza di percorsi di questo tipo? Durante la prima ondata di scioperi c'era un interessante partecipazione di operatori sanitari a domicilio, che sono una forza lavoro sempre più precaria. In molti casi la definizione giuridica del loro lavoro è che sono in un senso beneficiari dell'assistenza sociale, nel senso che lo Stato prevede finanziamenti per qualcuno che è in assistenza medica affinché possa assumere qualcuno che si prenda cura di loro. Questi sono spesso i membri della stessa famiglia che si prendono cura dei loro familiari e sono pagati con uno stipendio dello stato che costituisce il loro principale reddito per un lavoro ovviamente molto duro. E questa è una forza lavoro che il SEIU ha effettivamente organizzato intorno a una campagna politica; nel loro caso, per ottenere il riconoscimento dello status di lavoratori e con questo avere il diritto alla contrattazione collettiva, costringendo lo Stato ad ammettere di essere il loro datore di lavoro, mentre prima risultava come datore di lavoro la persona che stavano aiutando. Si è trattato, anche in questo caso di una lotta politica tanto quanto sindacale. Negli ultimi scioperi dei fast-food molti degli operatori sanitari a domicilio che hanno partecipato potevano stare in prima fila e finanche essere arrestati senza rischiare di perdere il posto di lavoro. Nel senso che McDonald non li può licenziare. La mia impressione è però che ancora si è trattato di una scelta organizzativa che viene dall’alto. Non dunque un gruppo di operatori sanitari a domicilio che decide di sostenere gli scioperi nei fast-food, ma il SEIU che vuole collegare due gruppi di lavoratori che sta organizzando e renderlo pubblico. Ancora una volta, è stato un importante sviluppo, ma non necessariamente un riflesso di solidarietà. Cosa questo può produrre? Penso che ci sia una possibilità. Ci sono organizzazioni simili a Wal-Mart, ma non so se ci sono connessioni con Fight for 15. Credo che l’organizzazione a Wal-Mart non si fatta dal SEIU ma da un’organizzazione sponsorizzata dall’ AFL-CIO, che punta al settarismo nel movimento operaio. Tuttavia, la campagna è stata organizzata in modo simile, nel senso che non stanno organizzando un sindacato, ma un'organizzazione di lavoratori Wal-Mart, non per la contrattazione collettiva ma per dare ai lavoratori la possibilità di uno spazio di solidarietà. Una cosa molto simile Fight for 15. Ironia della sorte uno dei luoghi in cui il SEIU ha ottenuto un discreto successo per lungo tempo sono grandi imprese ospedaliere, come Marriott, che è una delle più grandi multinazionali del mondo. Il SEIU ha anche fatto lavoro di organizzazione sindacale in molti alberghi e centri congressi e tra alcuni dei più grandi fornitori di cibo nei campus universitari. Ha fatto anche un grande lavoro nelle prigioni. Quindi questo è qualcosa su cui il SEIU può contare ma non sono sicuro se, o perché non, hanno insistito su questo piano. Chiudo con una domanda che mi viene in mente quando si elencano i diversi luoghi in cui si sta facendo organizzazione. Questo mi fa pensare che la nostra immagine del lavoratore non ha fatto ancora del tutto i conti con una nuova immagine del lavoro. Stiamo parlando di aeroporti, carceri e fast-food che non è esattamente l'immagine più tradizionale del lavoratore. Quali possono essere le conseguenze per questa nostra incapacità di leggere la realtà? Penso che viviamo in una società che è particolarmente ostile a considerare il lavoro, la classe e l’economia. Ma credo anche che in nessuna società i lavoratori sono completamente invisibili. A fronte della gran parte che non ha immediata visibilità pubblica, ce ne sono alcuni molto visibili. E questo è, in realtà, uno degli effetti politicamente più importanti della nascita dei sindacati industriali nel 20° secolo, quello di forzare pubblicamente l'immagine del lavoratore per rendere la società consapevole della loro esistenza. Nessuno andava a passeggio intorno alle fabbriche così gli operai non erano visibili che a se stessi. Poi, intorno alla metà del 20° secolo c’è stato un momento in cui le immagini dei lavoratori hanno avuto molto spazio nella letteratura, nei film, ed è stato molto scritto su questo. Io credo che la forza motrice di tutto questo è stato il fatto che i lavoratori stavano acquisendo visibilità pubblica. Rispetto a oggi, penso che Fight for 15 abbia costretto la gente a riconoscere un lavoratore a salario minimo. Il discorso prevalente era che il salario minimo era per ragazzini di 15 anni che fanno lavoretti in estate. Ma poi si è vista la realtà fatta di adulti di mezza età. Adesso che le loro immagini sono nei notiziari, la gente sa chi sono e che lavoro fanno. L'altro discorso potente che è stato disinnescato è che i poveri sono poveri perché non hanno accesso al lavoro e sono disoccupati, mentre gli scioperi nei fast-food hanno mostrato che si può essere poveri lavorando molto più di un lavoratore a tempo pieno senza però essere in grado di sostenere la tua famiglia. Credo che questo sia qualcosa che è adesso entrato nella coscienza pubblica. E può avere effetti molto potenti. * Traduzione di Vincenzo Boccanfuso.
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martedì 30 settembre 2014


 
News

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